Bruxelles – La pressione sui paesi dell’euro è fortissima, viene dall’interno (Parigi e Berlino) e dall’esterno (gli Usa, i mercati e le agenzie di rating). Stiamo rischiando “l’esplosione”, come ripete il presidente francese Nicolas Sarkozy. Dal Consiglio europeo di oggi e domani “devono uscire forti decisioni, credibili per i cittadini e per i mercati”, dice evocando il clima da ultima spiaggia il presidente della Commissione Ue Jose Manuel Barroso e un’autorevole fonte diplomatica tedesca che spiega che il suo governo “è più pessimista di quanto lo fosse la scorsa settimana perché ha constatato che un certo numero di partner non ha capito la gravità della situazione”. Fallire nel trovare un accordo per un credibile e forte governance dei bilanci dei paesi dell’euro sarebbe un disastro, i mercati questa volta non lo perdonerebbero. “Da questo vertice vogliamo qualcosa che sia sostanziale abbastanza,veloce abbastanza e efficace abbastanza da far colpo i mercati e coloro che fanno colpo sui mercati”, ha spiegato una qualificata fonte comunitaria, tra i protagonisti del summit.
Mentre la Banca centrale europea e il Fondo salva stati Efsf studiano le loro mosse per dare risposte immediate alle necessità di bilancio degli stati ed alla crisi di liquidità che blocca gli investimenti, i governi da questa sera si chiuderanno al palazzo Justus Lipsius finché, nelle intenzioni, non si troverà l’accordo per le nuove regole invocate da Germania e Francia, per arrivare a “un’architettura istituzionale più integrata ed efficace”. Prima della cena a ventisette, per impostare la discussione, ci sarà un incontro ristretto tra i principali protagonisti: Sarkozy, la cancelliera Angela Merkel, il presidente della Bce Mario Draghi, quelli del Consiglio europeo Herman van Rompuy, della Commissione, José Manuel Barroso, e dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker. Sulle regole di coordinamento e vigilanza rafforzate in linea generale, almeno tra i paesi dell’euro un accordo sembra possibile, in linea di massima si converge sulle necessità. Il problema è lo strumento da utilizzare, e sembra al momento in difficoltà l’ipotesi di una modifica ai Trattati che coinvolga tutti Ventisette. L’ostacolo principale è la Gran Bretagna. “Va bene una modifica dei Trattati – ha affermato ieri il premier David Cameron – ma solo con le nostre richieste”, che non sono state rese ufficialmente note, ma che sembrano difficilmente accettabili per gli altri partner. Una fonte spiega che sembra che tra queste ci sia un “opt out” (la possibilità di non aderire) alla regolazione dei servizi nei mercati finanziari, “che non può essere presa in considerazione”. Quindi si andrebbe al piano B, un accordo tra i diciassette dell’euro e qualche altro paese, un Patto “euro plus”.
Ieri Barroso ha sentito al telefono Mario Monti, in preparazione del vertice. A quanto si sa l’Italia ritiene che norme sulla convergenza e sulla disciplina “sono nel nostro interesse”, spiega una fonte a Bruxelles. Difficoltà le abbiamo invece, è noto, sul fronte del rientro dal debito, che rischia di costarci qualcosa come una manovra da 40 miliardi l’anno per vent’anni. Su questo il governo probabilmente lavorerà ad un’intesa politica che permetta un’operazione più sostenibile, puntando sulla sostenibilità del debito garantita da risparmi consistenti e un serio rilancio delle misure per la crescita.
Le richieste di Merkel e Sarkozy sono state ufficializzate ieri con una lettera al presidente del Consiglio Ue Herman van Rompuy. L’obiettivo è ottenere “un accordo pieno e definitivo” entro marzo. La prima regola è il “bilancio in equilibrio”, da prevedere in ogni stato “preferibilmente a livello costituzionale”. Dovrà poi esserci un “impegno” dei Parlamenti “a considerare” le raccomandazioni europee su “politiche economiche e di bilancio”. Berlino e Parigi voglio poi cooperazioni rafforzate su: regolazione finanziaria, mercato del lavoro, armonizzazione delle imposte sulle società, e per “instaurare un’imposta sulle transazioni finanziarie”, nonché per le politiche di crescita e l’utilizzo dei fondi comunitari. Le sanzioni sarebbero semiautomatiche: per sospenderle sarà necessaria una maggioranza qualificata dei governi.