Salta il tetto ai fondi per le grandi aziende ma aumenta cofinanziamento per zone svantaggiate
De Castro: “Il Parlamento ha fatto capire al Consiglio che non scelgono gli Stati cosa negoziare”
La riforma della Politica agricola comune (Pac) dell’Unione europea è arrivata finalmente al rush finale. Il trilogo tra Commissione, Consiglio e Parlamento ha raggiunto un accordo definitivo sui punti che erano stati tralasciati nelle trattative dello scorso 26 giugno. Per Paolo De Castro (S&D) “si tratta di un successo importante”, anche se il presidente della Commissione Agricoltura e sviluppo rurale dell’Europarlamento non ha nascosto che i deputati avrebbero “voluto di più” ma, come ha spiegato il relatore del testo Capoulas Santos, “questo era l’unico accordo possibile in queste circostanze”.
Come era già stato anticipato il ‘capping’, il tetto ai pagamenti per le aziende più grandi, scompare dal testo, al suo posto solo una ‘degressività’, ovvero una riduzione del 5% per i finanziamenti alle aziende che ricevono più di 150mila euro dall’Ue. Questo è un compromesso al ribasso al quale il Parlamento ha dovuto sottostare, i deputati avrebbero voluto anche una riduzione del 10% dei fondi alle aziende che ricevono più di 300mila euro ma gli Stati non l’anno accettata. Ai Paesi membri verrà comunque lasciata la possibilità di aumentare questa percentuale su base volontaria.
Altro punto su cui i deputati non hanno potuto ottenere miglioramenti è stata la flessibilità tra i pilastri. L’accordo prevede per gli Stati Membri la possibilità di trasferire il 15% delle risorse dal primo al secondo pilastro, ovvero dai pagamenti diretti per il sostegno al reddito alle misure per lo sviluppo rurale e, viceversa, la possibilità del trasferimento dallo sviluppo rurale ai pagamenti diretti del 15% e del 25%, rispettivamente per gli Stati che hanno un valore medio ad ettaro maggiore (tra cui l’Italia) o minore della media comunitaria. Il Parlamento avrebbe voluto limitare la seconda ipotesi solo a percentuali del 5% e del 15%, questo perché i deputati volevano evitare di drenare risorse dallo sviluppo rurale (che servono a sostenere anche le politiche ambientali) verso il semplice sostegno al reddito che è slegato da provvedimenti ecologici. Ma alcuni Stati, come la Polonia, ritenendo di avere pochi fondi per i pagamenti diretti hanno voluto mantenere un maggior margine di manovra.
Di positivo c’è, come ha sottolineato Giovanni La Via (Ppe), “’innalzamento della quota di cofinanziamento per i progetti di sviluppo rurale dal 75% all’85%” che, dichiara l’eurodeputato, “è un buon passo avanti per far sì che le regioni meno sviluppate possano presto mettersi al passo con le altre zone europee e ridurre il gap produttivo e di sviluppo”. Ma soprattutto è importante il fatto, ha specificato De Castro, che l’Aula ha ribadito un principio: “Non hanno scelto gli Stati cosa il Parlamento negozia e cosa non negozia”. Alcuni punti della Pac erano stati tolti dal tavolo dei negoziati perché toccavano accordi presi in sede di Consiglio europeo il 7 e 8 febbraio scorso, quando gli Stati trovarono un accordo finale sul bilancio pluriennale dell’Ue (Mff). E così lo scorso 26 giugno dai tavoli negoziali furono esclusi dei punti che per i deputati invece erano fondamentali. Allora l’Aula accettò per non mettere a rischio l’approvazione del Mff, ma solo a patto di discuterli in seguito. “Il Consiglio – ha concluso De Castro – eviterà in futuro di prendere decisioni che devono essere oggetto di co-decisione, e lascerà ai ministri la possibilità di negoziare, dando la possibilità di applicare il trattato di Lisbona”.
Per il presidente della Coldiretti, Sergio Marini, si è trattato comunque di “un risultato che migliora nettamente la proposta iniziale”, di una “opportunità straordinaria per premiare chi vive di agricoltura”. Più critica invece Agrinsieme (il coordinamento tra Cia, Confagricoltura e Alleanza delle cooperative italiane) che dice: “Avremmo voluto una Pac più coraggiosa per promuovere il riequilibrio e lo sviluppo di un’agricoltura che sappia coniugare produttività e sostenibilità”. Agrinsieme però, d’accordo con la Coldiretti aggiunge: “È una riforma, tuttavia, fortemente migliorata rispetto alle prime proposte della Commissione Ue, grazie all’azione del Parlamento europeo e delle Organizzazioni agricole”.
Il voto in commissione Agricoltura del Parlamento è atteso per il prossimo 30 settembre, poi si andrà in Plenaria. Con ogni probabilità il compromesso verrà accettato anche perché, se dovesse essere bocciato, salterà l’intero accordo sulla Pac, e per questo, anche se dandosi qualche pizzico sullo stomaco, seppur Verdi, Sinistra e liberali faranno sentire in Aula il proprio dissenso, Socialisti e Popolari dovrebbero garantire il proprio sostegno alla riforma garantendone l’approvazione.
Alfonso Bianchi