Quello sulla legge elettorale è in Italia un dibattito che va ormai avanti da anni, non si contano le promesse, finora mai realizzate, di cambiare un meccanismo talmente spregevole da essersi guadagnata l’appellativo di ‘Porcellum’. Ma c’è un’altra legge elettorale di cui si parla pochissimo, ma che pure dovrebbe essere modificata al più presto, è la legge Tremaglia per il voto all’estero. Dalla prima consultazione a cui hanno partecipato gli italiani residenti oltre confine nel 2006, si continua a parlare di irregolarità. Questo perché il meccanismo rende i brogli facilissimi da compiere.
Ai residenti all’estero, un serbatoio pari a quasi 3 milioni e mezzo di voti potenziali che eleggono 12 deputati e 6 senatori, viene recapitata a casa, alcune settimane prima delle consultazioni, una busta con all’interno le due schede elettorali, per Camera e Senato. Queste schede devono essere votate per poi essere comodamente rispedite per posta ordinaria (senza pagare il francobollo) al consolato, dove devono giungere al più tardi tre giorni prima delle votazioni in Italia. Un meccanismo tanto comodo quanto insicuro. Una busta può essere facilmente consegnata a chiunque, ‘delegando’ così il proprio voto, vuoi in cambio di soldi, favori o per qualsiasi altra ragione. L’ex senatore del Pdl, Nicola Di Girolamo, è stato condannato con patteggiamento per aver violato la normativa elettorale “con l’aggravante mafiosa”, perché la sua elezione nel collegio Europa sarebbe stata ottenuta grazie a un broglio elettorale realizzato dalla famiglia Arena, della ‘ndrangheta di Isola Capo Rizzuto. Per candidarsi all’estero aveva finto una residenza a Bruxelles mai avuta.
E non è un caso che abbia scelto proprio la capitale belga, lì infatti il mercato dei voti sembra essere un fenomeno inarrestabile. Quasi tutti lo sanno, in tanti hanno visto o sentito, ma la maggior delle persone ha paura di parlare. Ed è comprensibile visto che la magistratura ha accertato quello che la gente sa già, ovvero che a gestire il mercato dei voti è quasi sempre la criminalità organizzata. Per questo le due testimonianze che siamo riusciti ad ottenere ci sono state rilasciate dietro la stretta promessa dell’anonimato.
“A Bruxelles esistono dei capibastone che lavorano su due fronti. Hanno già una serie di contatti nei quartieri più popolari della città, in cui ci sono tanti italiani, e vanno casa per casa a chiedere la busta con le schede elettorali per una cifra pattuita a priori. La scorsa elezione erano 30 euro, a questo giro siamo arrivati a 50” ci spiega Antonio. Lui è uno di quelli che ha scambiato il suo voto per soldi. Come lui, ci spiega, ce ne sono tanti altri, italiani di seconda o terza generazione, che hanno perso i contatti con la madrepatria pur conservando il doppio passaporto. Con i corsi di lingua che vengono aboliti e i consolati che vengono chiusi, per loro l’Italia non rappresenta quasi più nulla. E allora se ad esempio vivono di ‘chômage’ (il reddito di disoccupazione) scambiare la scheda elettorale per 50 euro è un gesto che gli costa veramente poco, è come un gratta e vinci con la vittoria assicurata.
I centri di questo mercimonio elettorale sono soprattutto i quartieri di Molenbeek, Schaerbeek e Anderlecht. “Ci sono anche persone che raccolgono le buste senza nemmeno pagarle – continua Antonio – alla fine chi non intende votare a volte le regala senza pensarci tanto, o magari le cede in cambio di futuri favori. I loro voti allora vengono messi all’asta al migliore offerente, nel mio quartiere hanno offerto 200 buste per 400 euro”. Un affare.
Anche Luigi ha assistito di persona allo scambio di schede, e anche lui ha paura di parlare, “mi hanno visto e mi conoscono. Io il voto non l’ho venduto ma ho paura per la mia famiglia” ci spiega. Secondo il suo racconto ci sono alcuni negozi italiani che diventano veri e propri uffici di smercio di voti. “Nel bar sotto casa c’è sempre una persona che passa la giornata seduta a un tavolo fingendo di essere un cliente. Più di una volta ho visto persone avvicinarsi a lui e consegnargli le buste, ma non l’ho mai visto dare soldi sinceramente, anche se non escludo che l’abbia fatto prima o dopo”. E così ogni sera il bottino di voti è ricco. “Una volta ho visto questo signore dirigersi in automobile con un pacco di schede sotto il braccio, saranno state almeno una cinquantina”.
Le proposte per porre fine a questo fenomeno sono diverse, qualcuno pensa che bisognerebbe almeno obbligare a spedire le buste con raccomandata. Secondo altri, anche a costo di rendere la votazione più complicata, bisognerebbe chiedere all’elettore di dirigersi personalmente al Consolato a consegnare la propria scheda a un ufficiale. Una soluzione da molti scartata visto che i consolati non sono presenti in tutte le città e una regola del genere imporrebbe imporrebbe sacrifici in termini economici e di tempo. Ma qualcosa si dovrà pur fare, e presto.
Alfonso Bianchi
Leggi la seconda parte dell’inchiesta sul ruolo dei patronati:
– “Ci porti la scheda e facciamo noi”: Ecco come si falsano le elezioni (italiane) all’estero