Il capoluogo concorre per il titolo di Capitale europea della Cultura 2019
Roberta Garibaldi: “Sarebbe il giusto riconoscimento a una città capace di parlare più linguaggi”
Per Bergamo diventare Capitale europea della Cultura 2019 “vorrebbe dire dare il giusto riconoscimento a una città capace di parlare più linguaggi, quello della cultura, dell’arte, della musica e del turismo”. Roberta Garibaldi, professore aggregato di Marketing Turistico presso l’Università della città lombarda non ha dubbi sui meriti di “una città che oggi grazie allo slancio arrivato dalla crescita dell’aeroporto di Orio al Serio e da una serie di progetti concreti portati a termine dalla rete di operatori e addetti ai lavori, pubblici e privati, sta vivendo un nuovo capitolo della sua storia turistica e culturale”.
L’obiettivo è ambizioso ma già il solo lavorarci ci sta permettendo di recuperare lo spirito orgoglioso di appartenenza a questa città e di produrre un’offerta culturale condivisa e strutturata. Stiamo costruendo qualcosa di reale e di concreto e questo è già un importante passo avanti.
Quali sono i punti forti della candidatura di Bergamo?
La musica, grazie a Gaetano Donizetti e alla molteplicità di attori, presenti è un punto di forza della nostra città. Il nostro Teatro, coi suoi festival e la sua fondazione, è una punta di eccellenza di cui siamo molto orgogliosi; ha prodotto eventi di livello internazionale e ha lanciato artisti giovanissimi. Puntiamo alla valorizzazione di tutta la produzione culturale (passata, presente e futura) di Bergamo, attraverso un processo completamente partecipato. Li abbiamo voluti chiamare “cantieri del futuro” e riguardano ambiti diversi: infrastrutture (ristrutturazione e messa in funzione di luoghi simbolo della cultura), nuove tecnologie, accoglienza turistica, integrazione delle attività e messa in rete con le altre realtà europee.
“Capitale europea della Cultura” è un titolo creato per unire i popoli. Voi cosa portate all’Europa? Quale è la dimensione europea del vostro programma?
Portiamo il valore culturale, storico e artistico della nostra città e della nostra provincia. Abbiamo musei, arte contemporanea, l’influenza veneziana soprattutto nell’architettura, chiese con opere inestimabili, fermento musicale, due grandi festival e una percentuale di popolazione giovane piuttosto alta. Ed è proprio partendo da quest’ultimo punto che ci aspettiamo di sorprendere l’Europa, portando una ventata di innovazione.
Che tipo di ritorno vi aspettate?
Ci aspettiamo prima di tutto un nuovo approccio di tipo culturale, un modo di lavorare diverso. Grazie al percorso che stiamo costruendo, rimarrà comunque una immagine diversa di Bergamo per il futuro. La candidatura è una occasione preziosa per ridefinirsi, riprogettarsi nel medio – lungo periodo e cambiare noi stessi, la città e il modo di fare cultura.
Com’è in tempi di crisi lavorare nel campo culturale? Quali sono le maggiori difficoltà?
Le difficoltà sono soprattutto di natura economica. Di fronte a una crisi che sta influenzando le abitudini e la vita della gente, noi dobbiamo fare il possibile per rendere la cultura fruibile a tutti, con costi accessibili perché si tratta di un diritto di tutti, e deve far parte della vita di chi vive e visita questa città e questa provincia. Da anni Bergamo è considerata la città dei mecenati grazie alla forte componente imprenditoriale presente nelle attività pubbliche, e questo oggi può aiutare. Il tessuto imprenditoriale e quello culturale sono interconnessi tra loro e per il futuro credo che l’imprenditoria non debba smettere di coltivare e sostenere la bellezza come principio fondamentale.
Cosa pensano i cittadini di Bergamo di questa candidatura? La vedono come una priorità?
La vedono come un’opportunità per essere ancora più orgogliosi della loro città e per aumentare il senso di appartenenza. Deve essere una priorità per noi che ci stiamo lavorando e vedendo il nostro impegno e i frutti che stanno arrivando, diverrà a breve una priorità anche per i bergamaschi.
Le città italiane che concorrono per questo titolo sono molte; come vivete questa competizione?
Con la consapevolezza che Bergamo può giocarsela alla pari e soprattutto con la convinzione che da questa opportunità la nostra città può solo trarne dei vantaggi, qualsiasi sia l’esito finale.
Ci sono progetti che continueranno dopo il 2019? E alcuni di questi progetti li attuerete anche se Bergamo non dovesse vincere il titolo?
Sicuramente andremo avanti per la ristrutturazione e la valorizzazione dei luoghi storici della cultura bergamasca anche se Bergamo non vincesse il titolo di Capitale europea della Cultura; il calendario delle iniziative culturali e artistiche si arricchirà di eventi perché siamo convinti che una città viva dal punto di vista culturale, musicale, storico e artistico è una città più felice e con più attrattiva. Stiamo già costruendo un percorso di eventi, alcuni dei quali punteranno sulle nostre tradizioni che proporremo all’Europa, qualora vincessimo la candidatura.
Avete già dei sostenitori finanziari per il vostro programma?
Il mondo dell’impresa è il mondo di Bergamo per antonomasia. Abbiamo molte fondazioni private impegnate nella cultura, il Parco Scientifico Tecnologico Kilometro Rosso, un’Università in espansione e una serie di importanti realtà imprenditoriali. Il legame tra cultura e cultura d’impresa è già nel DNA dei bergamaschi quindi siamo ottimisti per il futuro.
Chiara Celluprica
Lo speciale sulle città italiane che concorrono per il titolo di Capitale europea della Cultura continuerà domenica prossima.