La città pugliese si candida a capitale europea della cultura 2019
Ne parliamo con Maurizio Marinazzo, dirigente del settore Beni Monumentali del comune
Brindisi ha deciso di correre per conquistare il titolo di Capitale Europea della Cultura 2019. Ne parliamo con l’architetto Maurizio Marinazzo, dirigente comunale e tra i responsabili del progetto.
Che senso ha per Brindisi questa candidatura?
Brindisi esce da un periodo difficile, quello di una città del mezzogiorno che ha vissuto una stagione industriale, con l’istallazione di grossi poli come quello chimico della Montecatini e della Montedison, che non ha determinato le ricadute positive sperate. Brindisi vuole ripartire dalla sua identità che si caratterizza per la presenza del mare e per la sua storia millenaria. Porto dell’impero romano, la fortuna della città continua per tutto il medioevo quando dalle sue banchine partivano i pellegrini e i crociati per la terra santa.
Sempre guardando alla centralità del porto, alla fine dell’800 Brindisi diventa parte del collegamento navale tra Londra e Bombay, “la valigia delle Indie”, divenendo un punto di riferimento mondiale. Dunque la sua storia, la sua cultura, il suo passato come punti di forza. E’ una città che ha vissuto una stagione di ripresa con il restauro di tutto il suo patrimonio monumentale, ricco e diversificato, che va dall’età pre-romana fino ai nostri giorni. Abbiamo realizzato degli eventi importanti in questi ultimi anni, grazie ai finanziamenti dell’Unione Europea, come l’apertura del nuovo teatro nel 2006, inaugurato da Riccardo Muti, e mostre di grande rilievo nel palazzo Granafei – Nervegna.
Con questo patrimonio restaurato e restituito alla città abbiamo voluto cogliere la sfida di candidarci a capitale europea della cultura.
Quali sono i punti più importanti del programma e la dimensione europea del progetto di candidatura di Brindisi?
Brindisi ha un collegamento naturale con il mediterraneo ed è stata da sempre un punto di unione tra l’occidente e l’oriente. Il nostro porto da sempre accoglie pellegrini provenienti da ogni parte del mondo e il suo ruolo di città di approdo e la sua accoglienza sono testimoniate dalla storia; l’esempio più recente, l’ondata di albanesi del 1991 che la città ha gestito autonomamente e con la solidarietà dei cittadini vista la mancanza di indicazioni e di soccorso da parte delle istituzioni. Non a caso Brindisi è la base dell’ONU più importante per gli aiuti umanitari e l’Unesco ha riconosciuto il porto come monumento testimone di pace e patrimonio dell’umanità. Brindisi dunque non deve inventarsi un ruolo per questa candidatura, è città da sempre al centro del Mediterraneo e di culture diverse.
U no dei punti forti del nostro programma è poi rendere fruibile il patrimonio storico-artistico di Brindisi attraverso l’uso delle nuove tecnologie.
I vostri progetti sono a lungo termine?
Certamente si. Anche se è difficile fare programmi con una visione a lungo termine in tempi di crisi. I tagli che sono stati fatti nel settore della cultura, dalla formazione alla ricerca, pesano molto sul finanziamento per iniziative nuove e di lungo termine. La manovra finanziaria del 2010 ha imposto tagli al nostro settore dell’80%. Con i fondi residui è molto difficile portare avanti serenamente questo percorso di rinnovamento. Stiamo infatti coinvolgendo associazioni, privati, il mondo della scuola e dell’università per cercare forme di collaborazione diverse e durature. Brindisi vuole ritrovare una nuova identità sociale e culturale che metta in moto un processo economico virtuoso e a lungo termine.
Abbiamo molti settori di nicchia e di eccellenze che vogliamo sostenere e ampliare, ma per fare questo dobbiamo cambiare mentalità e non pensare a progetti od eventi che abbiano un ritorno immediato, questo è un modo di pensare perdente.
Che tipo di ritorno vi aspettate?
Soprattutto un ritorno turistico. Negli ultimi anni il nostro territorio ha ricevuto attenzione da parte di riviste specializzate, di società turistiche, di emittenti televisive che hanno realizzato diversi servizi. Ma attorno al turismo stiamo cercando di sviluppare altre realtà economiche ad esso collegate, come il settore enogastronomico che in Puglia sta divenendo sempre più importante ed è un settore che attira investimenti stranieri, russi soprattutto.
Brindisi fa parte del progetto di rete tra i Comuni “Italia 2019”?
Certo. Io credo molto a questa rete, credo nella collaborazione e nel lavoro comune che è utile per tutti e che serve ad uscire da questa mentalità di municipalismo che fino ad ora non ha portato i risultati sperati. Per Brindisi essere in questo progetto che riguarda il miglioramento del nostro paese è già un grande risultato.
Abbiamo un’amministrazione giovane, che ha voglia di fare che si è insediata lo scorso anno ma che ha avuto un esordio tragico. Il giorno dopo l’insediamento della giunta ci fu l’attentato alla scuola Morbillo-Falcone. E dunque il lavoro iniziale è stato difficile anche se da quell’episodio terribile la città ne è uscita più coesa e più consapevole dell’attenzione che si deve rivolgere al mondo della scuola.
Come hanno reagito i cittadini alla candidatura di Brindisi? C’è partecipazione?
Da cittadino di Brindisi le dico che noi siamo molto meno convinti delle nostre possibilità e potenzialità di quanto non lo siamo ad un occhio esterno. Mi spiace doverlo dire ma è la verità. Abbiamo uno scetticismo culturale che ci caratterizza da sempre e solo quando cominciamo a vedere dei risultati rispetto ad un progetto iniziamo a crederci davvero e ad acquisire maggiore consapevolezza. Ci devono dire gli altri che abbiamo delle potenzialità, che Brindisi è bella che ha delle caratteristiche uniche, un patrimonio storico-artistico importante.
La concorrenza con le altre città italiane è difficile per una città del sud? Su cosa puntate?
Se tutto si gioca sul patrimonio monumentale di una città, allora non c’è partita. Perché competere con Venezia o Ravenna è impossibile. Bisogna puntare invece su un progetto innovativo di lunga durata. Brindisi è una città medio-piccola che si lascia alle spalle esperienze fallimentari e molta delusione. E’ una città che vuole comprendere un territorio più vasto, la Puglia, e che ha l’ambizione di guardare all’Europa e all’Oriente come due realtà vicine.
Siamo consapevoli che ci confronteremo con città che si stanno preparando da tempo a questa candidatura, che hanno risorse finanziarie più importanti delle nostre. Ma noi ci simo impegnati e ci volgiamo impegnare per donare nuova linfa all’identità di Brindisi, a prescindere dal risultato.
Avete un’immagine che si possa associare alla candidatura di Brindisi?
Ci stiamo lavorando ma sicuramente nel nostro slogan compariranno il mare e le colonne come elementi che hanno caratterizzato la storia di Brindisi. Guardare all’Europa attraverso il mare. Dal mare si vedevano le colonne del porto sicuro.
E’ più difficile per una città del Sud partecipare a questa candidatura?
Assolutamente si. Le nostre sono realtà più difficili, che vivono con più difficoltà questa stagione di crisi. Ci sono state delle politiche che hanno sprecato e utilizzato male delle risorse che comunque sono state date. Dobbiamo dunque essere doppiamente virtuosi in questo senso.
Se guardo Brindisi, Taranto, che hanno pesantemente pagato le conseguenze di questa crisi mi viene da pensare che sono città che hanno più dato che ricevuto in questi anni. Se penso solo alla produzione energetica, è una produzione che travalica di molto i nostri confini regionali. Vincere il titolo sarebbe un segno importante, il segno che il sud ce la può fare. Credo inoltre che il titolo di capitale europea della cultura aggiungerebbe meno a città come Venezia, Ravenna, Perugia, Siena.
La designazione di Brindisi a capitale europea della cultura sarebbe utile per dare un messaggio positivo a tutte quelle città del sud e quei territori che hanno vissuto e vivono momenti di difficoltà.
Chiara Celluprica
Lo speciale sulle città italiane candidate a capitale europea della cultura continuerà la prossima settimana.