Bruxelles riconosce i rischi dei “neonicotinoidi”, pronta a limitarne uso
L’industria sul piede di guerra. Ancora molti aspetti sono da definire
Sta forse per arrivare il momento che da anni attendevano apicoltori, agricoltori biologici e ambientalisti: lunedì, a Bruxelles, al Consiglio Agricoltura dell’Ue, ci sarà un dibattito chiesto dal governo olandese – dietro mandato del proprio parlamento – sulle misure eventualmente da prendere per limitare drasticamente l’uso in agricoltura degli insetticidi neonicotinoidi, accusati di avere un impatto diretto sul preoccupante fenomeno della moria delle api. E’ probabile che il commissario Ue alla Salute, Antonio Borg, colga allora l’occasione per annunciare un’iniziativa legislativa dell’Esecutivo comunitario in questo senso, e che i dettagli di questa iniziativa comincino a essere discussi già giovedì 31 gennaio, nel Comitato permanente Ue sulla catena alimentare, in cui gli Stati membri sono presenti con i loro esperti governativi. E’ quanto si apprende da fonti della Commissione a Bruxelles.
I neonicotinoidi sono pesticidi ‘sistemici’, prodotti soprattutto dalle multinazionali farmaceutiche Bayer e Syngenta e largamente usati in agricoltura per proteggere le coltivazioni (mais, colza, cotone, girasoli, patate e barbabietole) dagli insetti nocivi. Sospettati da tempo di essere uno dei fattori determinanti della moria delle api, non erano mai stati rimessi in questione dall’Ue, che li ha autorizzati, perché la Commissione non aveva mai riconosciuto l’evidenza scientifica del legame di causa-effetto fra il loro uso e l’abbandono degli alveari. Ieri, per la prima volta, durante un dibattito in commissione Ambiente dell’Europarlamento, un rappresentante della Direzione generale Salute e Consumatori (Sanco) dell’Esecutivo comunitario ha riconosciuto questo legame, prendendo atto delle conclusioni “inquietanti” di un recente dell’Efsa (l’Autorità di sicurezzza alimentare europea di Parma) pubblicato il 16 gennaio, corroborate da altri due studi recenti, delle agenzie dell’ambiente austriaca ed europea. Negli anni scorsi, mentre la Commissione europea si allineava sostanzialmente con la posizione dell’industria, secondo cui la moria delle api avrebbe cause ‘multifattoriali’ (ambientali e climatiche, dovute a pratiche agronomiche sbagliate, o all’acaro ‘varroa destructor’ etc.) fra le quali i pesticidi erano inseriti a malapena come corresponsabili del tutto ipotetici, senza prove certe, diversi paesi dell’Ue avevano già adottato delle limitazioni d’uso di alcuni neonicotinoidi a livello nazionale.
In particolare, l’Italia ha proibito di usare questi pesticidi sistemici dal 2008 sulle colture di mais, e ha lanciato un’iniziativa di monitoraggio (Apenet), che ha messo in luce una significativa riduzione della moria delle api negli anni successivi. Misure simili sono state prese anche dalla Germania (dal 2008 sul mais), dalla Francia (nel 2012 sulla colza, ma anche precedentemente con altri divieti poi revocati), e nel 2011 dalla Slovenia su tutte le colture. Gli studi dell’Efsa e dell’Agenzia europea dell’Ambiente sembrano ora dimostrare che i governi italiani succedutisi dal 2008 (con bella coerenza ‘bipartisan’) hanno avuto ragione a imporre i divieti precauzionali rinnovati ogni anno per decreto.
Le misure legislative ora attese da parte della Commissione si concentreranno probabilmente sul divieto di usare i neonicotinoidi sulle colture che attraggono di più gli insetti impollinatori: colza, girasole e cotone a causa dei fiori, ma anche mais, perché le api raccolgono le goccioline d’acqua contenenti i pesticidi sistemici, che sono essudate dalle foglie (‘guttazione’). Sarà probabilmente ancora tollerato, invece l’uso dei neonicotinoidi nelle altre colture, barbabietole e patate, poco attrattive per le api.
La messa al bando dei pesticidi neonicotinoidi (soprattutto quelli con i principi attivi più tossici per le api, anche in concentrazioni minime: imidacloprid, clothianidin e thiamethoxam), dovrebbe comunque riguardare la semina del 2014 e non quella di quest’anno (prevista a partire da a marzo-aprile con il mais), visto che i semi sono già pronti e in parte (1/3 del totale per il mais) già ‘conciati’, ovvero rivestiti con una pellicola di insetticida. Altre misure precauzionali che la Commissione intenderebbe proporre riguardano le procedure agronomiche, e in particolare la semina effettuata con macchine pneumatiche che ‘sparano’ i semi conciati nel terreno, sollevando polveri persistenti di residui di neonicotinoidi ad alta tossicità per le api, come hanno dimostrato studi recenti, tenuti in gran conto dall’Efsa. Bisognerà incoraggiare, a quanto pare, una semina meccanizzata più ‘dolce’, o magari tornare ai metodi tradizionali, più lenti ma anche più sicuri.
Come la prenderà l’industria? Malissimo, naturalmente. Bayer e Syngenta avevano tempo fino a stasera per rispondere a una richiesta della Commissione europea di commentare lo studio dell’Efsa, e probabilmente ricorreranno ai soliti argomenti, come la necessità di usare i loro prodotti per proteggere le colture e la mancanza di prove certe del loro impatto sulle api. Le due multinazionali, comunque, hanno già messo in moto i loro uffici stampa, diramando dati allarmanti sui presunti effetti di una messa al bando nell’Ue dei neonicotinoidi, che costerebbe, dicono, 50.000 posti di lavoro e una perdita di produzione agricola pari a 17 miliardi di euro.
Argomentazioni che hanno spaventato le organizzazioni agricole europee, ma che convincono poco la Commissione, sia perché si limitano a considerazioni economiche invece di affrontare le questioni ambientale e sanitaria, sia perché appaiono sovrastimate. I divieti parziali sul mais in Italia e sulla colza in Francia non hanno evidenziato alcuna caduta di produzione o perdita di posti di lavoro, è stato rilevato nel dibattito di ieri all’Europarlamento. D’altra parte, per restare sul terreno economico, le api e gli altri insetti impollinatori forniscono un servizio gratuito all’agricoltura che ha un valore incomparabilmente più grande: da loro dipende l’80% di tutte le specie coltivate e l’84% delle piante selvatiche in Europa, e il 35% della produzione alimentare mondiale, pari a 153 miliardi di euro all’anno.
Inoltre, va salvaguardato il settore economico della produzione di miele, nel quale lavorano 700.000 apicoltori europei, con 15 milioni di alveari. Ce n’è abbastanza per applicare contro l’uso dei neonicotinoidi, e con urgenza, il Principio di Precauzione sancito dal Trattato Ue. Che impone di agire per minimizzare i rischi, anche senza attendere prove scientifiche certe sulle loro cause, quando la mancata azione potrebbe provocare danni irreversibili.
Lorenzo Consoli per TMNews del 25 gennaio