La portavoce di Mario Monti, Betti Olivi, è pagata dalla Commissione europea perché è una dipendente dell’Istituzione distaccata in Italia. E’ una cosa “normale”? Per molti aspetti, almeno per quelli formali è una cosa del tutto legale, nel senso che i distacchi dalla Commissione ai governi esistono, sono regolati dai Trattati. Si tratta sempre di dipendenti pubblici, e “prestarseli” è normale tra amministrazioni. I distacchi sono consentiti a condizione che il dipendente lavori “nel primario interesse della Commissione”, che può anche essere portare la sua esperienza in aiuto al governo di un paese membro. Un portavoce però in quale interesse lavora? Di un governo o di una persona che è nel governo? E più in particolare: quando il premier è in campagna elettorale il portavoce che lo segue e tiene i contatti con la stampa che lo intervista in quanto candidato (o capo di coalizione, non sottilizziamo) lavora per il governo o per una forza politica? Se così fosse a Bruxelles non si potrebbe autorizzare il distacco. Anche perché è difficile spiegare a qualche euroscettico britannico, giusto per fare un esempio, che con le sue tasse sta pagando la campagna elettorale di qualcuno in un altro paese. Un portavoce della Commissione, Antony Gravili, ha spiegato che Olivi “è pagata per il suo lavoro per Monti come presidente del Consiglio e ci ha assicurato che non sta lavorando per la campagna elettorale, spiegazione che noi abbiamo accettato”.
C’è un’altra portavoce che Monti si è portato da Bruxelles, Amelia Torres, che si occupa di stampa estera, che però si è messa in aspettativa, cioè è pagata dal governo italiano. La capa no, forse, dicono a Bruxelles, perché il suo stipendio europeo è talmente alto che a Roma non lo si sarebbe potuto compensare.
La questione è esplosa in sala stampa, e come al solito, mentre i portavoce della Commissione cercavano di spiegare che è tutto normale, i colleghi stranieri sono venuti da noi italiani a domandare lumi (e anche a sfottere). Speravamo che fosse finita quest’epoca.