Intervista a Alessandro Senesi, uno dei responsabili del programma in Commissione
“Un motore di sviluppo economico”
Ogni anno l’ Unione Europea designa due Capitali europee della cultura. Per queste città è un’occasione importante per fare della cultura un motore di sviluppo economico. Nel 2019 toccherà all’Italia a alla Bulgaria. Ancora non è possibile dire quali sono le città candidate che raggikungeranno la selezione finale a Bruxelles, perché il bando per l’Italia è stato pubblicato il 22 novembre e ci sono 10 mesi di tempo per partecipare. Però si sa che al momento sono una quindicina le città che lavorano a questo obiettivo, da Venezia e il Nord-Est, a Ravenna, e poi Siena, Perugia, Lecce, Matera; molte, più che negli altri paesi.
La Capitale europea della cultura è senza dubbio l’iniziativa più conosciuta tra le politiche di sostegno al processo di integrazione europea. Ne parliamo con Alessandro Senesi, vice capo unità responsabile del programma cultura della Commissione Europea.
Cominciamo dalla storia, su come e perché è nata l’iniziativa di “Capitale europea della cultura”?
“La nascita risale al 1985, su iniziativa di Jack Lang, allora Ministro della cultura francese e di Melina Mercouri, suo omologo in Grecia. Entrambi pensavano che ci fosse bisogno di un’iniziativa forte per far conoscere meglio l’Europa ai cittadini europei. L’obiettivo era dare risalto all’identità culturale di una città e di metterla in relazione con il più ampio contesto europeo. Negli anni è questo programma diventato una delle iniziative di maggior visibilità dell’Unione Europea. E’ anche cresciuta, non è rimasta localizzata e ha saputo coinvolgere il territorio circostante”.
Quali sono i criteri di valutazione che permettono ad una città di candidarsi a capitale europea della cultura?
“La procedura di selezione inizia sei anni prima della “data” e si svolge contemporaneamente a livello nazionale ed europeo. La giuria, formata da 13 esperti, è composta da sette membri permanenti, designati dalle Istituzioni europee, e da sei esperti nazionali, nominati dagli stati che ospiteranno la capitale. La scelta naturalmente deve tener presente i criteri della Commissione che sono essenzialmente la dimensione europea del programma proposto da ogni città e il grado di implicazione e di coinvolgimento dei cittadini. Questi sono i criteri principali. A loro volta però i paesi membri affidano la gestione del bando e tutti gli aspetti procedurali al proprio Ministero della cultura che coordina le candidature a livello nazionale. Nella fase finale di selezione la giuria emette una raccomandazione, ossia esprime la sua scelta. Formalmente a questo punto la Commissione gira la raccomandazione al Consiglio Europeo che nomina la capitale Europea della cultura”.
In tempi di crisi si può ancora parlare di economia della cultura?
“Non solo si può, ma si deve parlare di economia della cultura. Dopo 27 anni di esperienza di capitali abbiamo prove evidenti che questa è un’iniziativa utile non solo allo sviluppo culturale, che rimane il primo obiettivo, ma anche allo sviluppo economico della città designata e del suo territorio”.
In questo senso le candidature Venezia e Nord-est, Torino e provincia… il territorio circostante è compreso nella nomina? Come si giustifica questa estensione del territorio? Ci sono dei precedenti?
“Il titolo va ad una città e non ad un territorio. Però visto che è diventata una manifestazione sempre più importante e sempre più impegnativa anche da un punto di vista economico, molte città hanno coinvolto il loro territorio alla preparazione delle candidature ed ad alcuni aspetti del programma. Esempi più recenti sono nel 2007 il Lussemburgo e nel 2010, Essen, in Germania che ha incluso la Ruhr con un risultati molto positivi. L’obiettivo dell’iniziativa è premiare una città che nel suo programma dimostri di avere un piano di sviluppo territoriale, sociale, economico, a lungo termine basato sulla cultura. L’aspetto finanziario è un premio di un milione e mezzo di euro. L’iniziativa si è evoluta e le città hanno saputo sfruttare la manifestazione per sviluppare aspetti economici e infrastrutturali. Per questo si è sempre più fatto ricorso ad altre linee di finanziamento europeo. Questo è molto importante perché in realtà il titolo guadagnato grazie ad un programma culturale, innesca un processo virtuoso che attiva altri progetti, anche di tipo infrastrutturale, ma a sostegno del programma principale. Dunque nell’ottica a lungo termine gli investimenti sono importanti e in tale senso le infrastrutture ne sono una conseguenza”.
Perché è importante che una città diventi capitale europea della cultura?
“La visione a lungo termine è essenziale nella selezione della capitale della cultura. Le città che si sono aggiudicate il titolo, sono state capaci di generare una strategia di lungo termine con al centro la cultura ma anche con benefici in altri settori per esempio quello economico. Secondo alcuni studi il titolo di capitale della cultura attira altri investimenti. Infatti ogni euro investito produce altri 8 euro di investimenti. Basti pensare al turismo ma anche il settore sociale è migliorato. Ci sono state capitali che grazie al titolo hanno ridisegnato l’equilibrio sociale riqualificando interi quartieri”.
Qual è la candidatura ideale per la Commissione Europea?
“Una città che partendo dalla cultura pensa a lungo termine, che presenta una strategia che includa i suoi abitanti e che sia capace di avere un effetto positivo anche su altri settori”.
A settembre 2013 sapremo quale sarà la rosa delle candidate italiane. Eunews.it dedicherà a queste città uno speciale approfondimento per scoprire quali strategie e quali aspetti del loro territorio intendono mettere in campo per aggiudicarsi il titolo. Attualmente le candidature, certe o meno certe, alla selezione nazionale che precede quella europea sono quelle di Amalfi, Bari, Bergamo, Brindisi, Carbonia, Catanzaro, L’Aquila, Lecce, Mantova, Matera, Palermo, Perugia e Assisi, Ravenna, Siena, Siracusa, Torino, Urbino e Venezia/Triveneto.
Chiara Celluprica