La sentenza della Corte di giustizia che annulla i concorsi EPSO del 2007 perché i bandi non erano pubblicati in tutte le lingue ufficiali non si limita a ristabilire la legalità dei trattati nelle procedure di selezioni per i concorsi nelle istituzioni europee, ma innesca altresì una piccola rivoluzione culturale. In effetti la Corte sancisce anche che d’ora in poi le prove dei concorsi dovranno tenersi nella lingua madre del candidato e non più in una delle lingue più in uso, generalmente l’inglese. Ora saranno in molti fra i nemici dell’intelligenza a sostenere che così si rendono i concorsi UE più laboriosi e costosi e che questo è solo sterile protezionismo linguistico. Al contrario, consentire a un candidato di esprimersi nella sua lingua madre eleverà il livello della selezione e porterà nelle istituzioni candidati più preparati. Ognuno di noi solo nella lingua madre può elaborare un pensiero complesso e compiere pienamente quel prezioso esercizio che si chiama astrazione. E’ l’astrazione che suscita la creatività e l’invenzione. La cultura dell’immagine oggi dominante rischia di allontanare le nostre menti dai processi cognitivi del testo scritto e l’uso superficiale delle seconde lingue impoverisce inevitabilmente il pensiero. Chi di noi potrebbe dire in inglese quello che pensa in italiano? E’ nelle nostre rispettive lingue madri che le culture europee hanno elaborato il pensiero filosofico e scientifico. Condurre un ragionamento in una lingua imparata è sempre limitativo perché per quanto bene la sappia, nessun locutore ne padroneggia mai completamente gli strumenti. Una profonda conoscenza della lingua madre è anche l’indispensabile fondamento di ogni ulteriore apprendimento linguistico e da un punto di vista culturale, un solido riferimento identitario. Solo quando si è graniticamente consapevoli della propria cultura e delle proprie radici si può andare incontro alla diversità senza paura e con la mente aperta. In modo indiretto, la sentenza della Corte riconosce anche il valore della traduzione. Perché nella diffusione delle idee, la traduzione silenziosamente compie un lavoro di riscontro e di verifica. Nessuna incongruenza può sopravvivere la prova della traduzione. Questa sentenza è anche uno smacco per quelle università italiane che oggi impartiscono corsi in inglese, pretendendo così di rendere i loro studenti più competitivi. Insegnanti italiani che parlano inglese a studenti italiani, l’unica cosa che possono diffondere è appunto la loro povertà di pensiero.
Diego Marani