Oggi il trilogo a Strasburgo. Stournaras: “Non prevedo Ecofin straordinari. Vado per trovare conclusioni”. Si spera di chiudere in questa legislatura
La presidenza greca del Consiglio dell’Unione europea ha un mandato negoziale per cercare di sciogliere gli ultimi nodi legati al meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie. Dopo oltre otto ore di negoziato, ieri il consiglio Ecofin ha trovato un compromesso che getta le basi per discutere con il Parlamento europeo sul secondo pilastro del progetto di Unione bancaria. Dettagli la presidenza non ne ha forniti, per timore di poter compromettere un negoziato che comunque resta difficile. “Non entro nel dettaglio”, le parole di Ioannis Stournaras, ministro delle Finanze greco, in una conferenza stampa finale condotta in perfetta solitudine. Oggi nella riunione del trilogo in programma a Strasburgo (si comincia alle 13:30 per finire, se tutto va bene, alle 20:30), ci sarà anche il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem. “Abbiamo chiarito cosa fa scattare il salvataggio e quali suono i ruoli di comitato esecutivo e assemblea dell’Autorità di risoluzione”, così come “abbiamo reso più efficienti le regole di processo decisionale all’interno del comitato”, ha detto il commissario europeo per il Mercato interno, Michel Barnier.
Quello di oggi è il trilogo “della verità”. Dall’esito del negoziato col Parlamento si potrà capire se ci sarà accordo o se invece sarà necessario un Ecofin straordinario. “Non ho previsto alcuna nuova riunione dell’Ecofin”, ha premesso Stournaras. “Vado con un mandato nuovo per arrivare a delle conclusioni”. Una sicurezza solo in parte confermata da Pier Carlo Padoan. “Non so nulla di nuove riunioni, sapete più voi di me”, l’unica cosa che ha detto alla stampa il ministro dell’Economia prima di rientrare a Roma. Parole che nascondono un ottimismo cauto, dato l’esito non scontato delle trattative. Al Parlamento non piace la decisione di procedere tramite accordo intergovernativo sul fondo unico di risoluzione: questo sarà finanziato da prelievi sulle banche (risorse private degli azionisti – note come “bail-in” – pari a un tetto dell’8% degli asset bancari, e in caso di perdite della banca superiori al valore di questa soglia è previsto un ulteriore contributo pari al 5% del valore degli asset bancari, a carico di obbligazionisti, imprese e depositi oltre 100 mila euro). A regime il fondo deve arrivare a 55 miliardi di euro, ciò in 10 anni a partire dal 2015. L’unica concessione al Parlamento è la disponibilità ad accorciare il periodo di costituzione del fondo unico (verosimilmente a otto anni, ma c’è anche l’ipotesi di accorciarlo a sette).
La Germania ha ottenuto che il fondo salva-stati permanente Esm non possa prestare soldi ai fondi di risoluzione nazionale. Inoltre il testo su cui negozierà la presidenza greca prevede che non sia soltanto la Bce – a cui saranno affidati i compiti di vigilanza – a stabilire per quali banche dovrà scattare il meccanismo di risoluzione: tali compiti saranno affidati al comitato esecutivo (board) dell’Autorità di risoluzione. A tal proposito il mandato negoziale immagina un meccanismo di voto che prevede una doppia maggioranza: maggioranza dei paesi partecipanti secondo il principio “un paese un voto” più i paesi che insieme rappresentano più del 30% del capitale del fondo in divenire. Infine, riconosciuto alla Commissione europea la facoltà di contestare l’eventuale decisione del board dell’Autorità di avviare il salvataggio della banca, e in quel caso interverrà il Consiglio nella formazione ministeriale dell’Ecofin per prendere la decisione finale.
I negoziati col Parlamento si basano su queste proposte. I tempi suggeriscono una resa del Parlamento e la chiusura di un accordo: l’obiettivo è portare il testo al voto della plenaria di aprile, l’ultima utile prima delle elezioni europee. Non chiudere entro quella data significherebbe consegnare il dossier al nuovo Parlamento, con scenari difficili da immaginare. Ma nessuno di pronuncia. “Siamo in fase di negoziato, e quindi si negozia”, ha detto Stournaras. In altre parole “non si fanno previsioni”.
Renato Giannetti