Il Rappresentante italiano a Bruxelles spiega che per via delle elezioni europee e della nomina della nuova Commissione l’attività legislativa durante la presidenza italiana sarà molto ridotta
Il nuovo governo “snello” messo in campo da Matteo Renzi non prevede un ministero agli Affari europei. Una scelta in discontinuità con i precedenti esecutivi che è stata interpretata da qualcuno come una mancanza di attenzione nei confronti di Bruxelles, soprattutto in un periodo delicato come questo con l’Italia che si troverà a dover guidare i lavori dell’Unione europea nel suo semestre di turno, che partirà a luglio quando sarà stato da poco eletto il nuovo Parlamento e si dovrà nominare la nuova Commissione europea. A Roma andrà quindi un ruolo politico molto forte nel dover gestire questo passaggio cruciale e delicato. “Non è necessario avere ministro degli Affari europei, ma basta avere una persona responsabile dal punto di vista politico per le questioni europee. Può essere un ministro, un vice o un sottosegretario” ha spiegato l’ambasciatore italiano all’Ue Stefano Sannino, in un incontro organizzato dal Circolo Palombella di Bruxelles con i giornalisti Giuseppina Paterniti ed Enrico Tibuzzi, prima che fosse stato indicato il nome di Sandro Gozi come sottosegretario alla presidenza del Consiglio con questa delega. “In Europa ci sono varie opzioni” ha continuato Sannino: “Francia, Regno Unito e la Germania ad esempio hanno un ministro delegato all’interno del ministero degli Esteri, la Grecia ha l’equivalente di un sottosegretario, in altri Stati come i Paesi Bassi il ministro degli Affari europei è il ministro degli Esteri”.
Nei due precedenti esecutivi il responsabile degli Affari europei è stato Enzo Moavero Milanesi a cui, secondo Sannino, va dato il merito “di aver cambiato il profilo del ministero per gli Affari europei che per molto tempo era responsabile solo della fasce ‘discendente’”, ovvero di “come recepire le direttive europee”. Il ministero non aveva “alcuna responsabilità nella formazione del processo legislativo comunitario”, mentre Moavero invece “ ha reso particolarmente intenso questo ruolo arrivando a coprire nuove aree”, svolgendo un lavoro molto attento “sulle infrazioni, gli aiuti di Stato, sostenendo fondi comunitari e rappresentando il Paese nel Consiglio Affari Generali”, insomma rendendolo un “portafoglio significativo e importante”.
Chi è stato chiamato a raccogliere la sua eredità dovrà ora rendersi conto che, a dispetto del ruolo politico importante che dovrà sostenere l’Italia in questa fase di transizione dell’Ue, a causa dei tempi lunghi che ci vorranno per rimettere in moto la macchina comunitaria del dopo elezioni e della formazione della nuova Commissione, eleggendo i presidenti e vicepresidenti dell’Aula, i membri delle commissioni Parlamentari, nominando i nuovi commissari e i membri delle varie Dg nonché il nuovo Presidente del Consiglio europeo, avrà nei fatti poco tempo per l’attività legislativa vera e propria che potrebbe cominciare addirittura ad ottobre. Quindi per Sannino è inutile dire “adesso cambiamo tutto, succede il miracolo”, ma bisogna capire che non ci sarà la possibilità di “riscrivere la storia dell’Ue”.
Roma deve avere un “ambizioso realismo, o un realismo ambizioso” e andare avanti “senza annunci roboanti” ma cercando comunque di “superare le aspettative”. Per farlo però non deve porre l’asticella troppo in alto. “Quello che ho imparato in tanti anni di esperienza diretta è che non è saggio dire di voler fare 100 e poi alla fine riuscire a fare solo 50”. È molto meglio “dire di voler fare 50 e poi riuscire a fare 60”. Ma soprattutto bisogna essere pronti a dare una guida sicura all’Ue, evitando così giudizi sprezzanti come quello che l’Economist diede della nostra presidenza di turno del 1990, quando in un editoriale scrisse “che assomigliava a un autobus guidato dai fratelli Marx”. “Mi piacerebbe evitarlo” ha concluso sorridendo Sannino.
Alfonso Bianchi