Gli operatori internazionali scrivono alla relatrice della proposta, Linda McAvan: “A rischio milioni di posti di lavoro e miliardi di commercio potenziale con gli Stati Uniti”
Non sono bastate quelle che in molti hanno letto come sostanziali concessioni alle lobby del tabacco. La nuova direttiva approvata ad inizio ottobre dalla Plenaria del Parlamento europeo, pur indebolita in molti punti essenziali rispetto alla proposta iniziale, continua a non andare giù agli operatori internazionali della filiera che ora tornano alla carica. La nuova offensiva consiste in una lettera, firmata da diverse associazioni del settore, indirizzata direttamente all’europarlamentare relatrice del testo, Linda McAvan (S&D), a poche settimane dall’avvio del trilogo con Commissione e Consiglio. La direttiva, mettono in guardia i produttori, desta “profonde preoccupazioni” sotto due punti di vista: “Non solo minaccia milioni di posti di lavoro dei tabacchicoltori in Europa, Africa e Stati Uniti ma mette a rischio anche miliardi di dollari del commercio potenziale tra Stati Uniti e Europa”.
A preoccupare è soprattutto l’articolo 6, quello che vieta l’uso di additivi e aromatizzanti, giudicati pericolosi dalla Commissione perché attraggono i fumatori, specie i più giovani. Pur “comprendendo” il divieto posto dal Parlamento nei confronti di additivi come vitamine o caffeina, gli operatori del settore si dicono “decisamente allarmati” dalla parte della direttiva che prevede “un’autorizzazione di tutti gli ingredienti da utilizzare nella lavorazione del tabacco e nella manifattura dei prodotti del tabacco”. Questo perché “i criteri per l’inserimento degli ingredienti all’interno della lista sono tecnicamente impercorribili, rappresentandone di fatto un divieto totale”.
Ancora più grave, a giudizio dei produttori, il divieto di ingredienti che emettono monossido di carbonio durante la combustione: “E’ una disposizione inspiegabile e confusionaria – attaccano – dal momento che qualsiasi sostanza, quando bruciata, emette monossido di carbonio”. Per assurdo la direttiva potrebbe significare tecnicamente “un divieto totale per tutte le sigarette e i sigari nell’Unione europea”, temono i coltivatori di tabacco.
La posta in gioco è alta e i rischi, secondo la lettera delle idustrie, elevati: “I tabacchicoltori di Polonia, Italia, Francia, Spagna e Bulgaria, vendono il 90% dei propri prodotti all’interno dell’Ue”. I primi ad essere colpiti sarebbero i piccoli produttori e cioè la stragrande maggioranza, visto che “le statistiche mostrano che il 96% delle imprese agricole europee attive nel campo del tabacco sono a conduzione familiare”. Questi coltivatori non hanno “colture alternative su cui ripiegare o risorse finanziarie per diversificare”: in sostanza “le conseguenze socio-economiche di un divieto ingredienti sarebbero devastanti in tutta l’Ue”.
Ma le implicazioni potrebbero superare i confini europei. “Ancora più dannose” le conseguenze sui coltivatori di altri Paesi, come ad esempio il Malawi. Non solo. Secondo i produttori di tabacco la direttiva potrebbe complicare le trattative commerciali con gli Usa, per cui l’Ue è il primo mercato di esportazione: “La proposta ha la conseguenza non voluta di discriminare gli agricoltori americani e potrebbe compromettere gli sforzi per concludere negoziati commerciali tra i due continenti” mettono in guardia.
La richiesta è dunque “una revisione dell’articolo 6 durante il processo dei negoziati sulla direttiva tabacco con il Consiglio e il Parlamento e di prendere in considerazione le nostre opinioni nell’interesse dei milioni di coltivatori di tabacco, delle loro famiglie e delle comunità che essi supportano in Europa e in tutto il mondo”.
Un appello a cui si uniscono anche operatori italiani: “Condividiamo in pieno le preoccupazioni delle associazioni agricole del tabacco”, commenta la lettera il direttore dell’Associazione professionale trasformatori tabacchi italiani, Carlo Sacchetto. “Anche noi trasformatori” annuncia, ci stiamo organizzando per “predisporre un’analoga iniziativa”.“Se si prosegue su questa strada, si rischia non di combattere il fumo, ma la produzione” commenta anche Gennaro Masiello, presidente dell’Organizzazione nazionale tabacco italiana. Produzione che peraltro, fa notare Masiello ha un valore non trascurabile: “Se parliamo solo di quella agricola – calcola – si tratta di 100 milioni di euro l’anno, e se si considera l’intera filiera, parliamo di diversi miliardi e 60.000 occupati”.
Perla Ressese