Roma – Si arricchisce di un nuovo capitolo la polemica che, da qualche giorno, vede contrapposti il rapper italiano Fedez e il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, sulla gestione del diritto d’autore. Il musicista aveva lanciato al titolare della Cultura accuse di “conflitto d’interessi”. La moglie del ministro, Michela Di Biase, secondo l’artista gestirebbe gli immobili della Siae, e questo avrebbe garantito alla Società italiana autori ed editori di mantenere il monopolio della raccolta dei proventi del diritto d’autore, anche dopo l’approvazione del decreto legislativo che, a marzo scorso, ha recepito la direttiva Ue di liberalizzazione di quel mercato. Un tweet dell’esponente del governo, ieri, bollava come calunnia le accuse riprese anche dal blog di Beppe Grillo.
La calunnia è un venticello @beppe_grillo @fedez https://t.co/EI6gQTcD2x
— Dario Franceschini (@dariofrance) June 22, 2017
Anche la Siae respingeva le tesi “inammissibilmente false e insultanti” del cantante, poiché “destituita da qualunque fondamento” sarebbe l’indicazione che Di Biase gestirebbe il patrimonio immobiliare della Siae, che quindi ha affidato ai propri legali il mandato di “tutelare l’onorabilità della società”.
Oggi, il Movimento 5 Stelle corregge parzialmente il tiro. L’eurodeputata Isabella Adinolfi, in un comunicato, dà “ragione” a Fedez, ma non sul presunto conflitto di interessi del ministro quanto sulla denuncia del monopolio sui diritti d’autore. Secondo la parlamentare europea “il monopolio Siae non è stato abolito”, e il recepimento della direttiva europea è “una farsa”.
L’esponente pentastellata rivela poi di aver “chiesto alla Commissione europea spiegazioni sulla lettera inviata al governo italiano” l’8 febbraio scorso. In quella missiva, l’esecutivo comunitario presentava alcune osservazioni sul recepimento della direttiva Barnier, e stando ad Adinolfi, Bruxelles avrebbe risposto che sulla vicenda “è ancora in corso un’indagine”. Indagine che però non risulta al ministero dei Beni culturali.
Dalla direzione generale del dicastero di Franceschini – contattata da Eunews per sapere se effettivamente la Commissione abbia chiesto informazioni sul dossier, come di prassi quando si avviano indagini sul rispetto della normativa comunitaria – smentiscono nel modo più assoluto di aver ricevuto richieste di chiarimento. Dopo la lettera dell’8 febbraio, sottolineano dal Mibact, “il decreto legislativo è stato approvato in via definitiva e notificato a Bruxelles, quindi la Commissione, se vuole, può impugnarlo dicendo che non è conforme alla direttiva, ma al momento a noi non risulta assolutamente nulla”.