Roma – Con l’inizio delle audizioni parlamentari sul Documento di economia e finanza presentato la scorsa settimana, arrivano dai sindacati le prime aspre critiche al quadro disegnato dall’esecutivo in preparazione della prossima legge di bilancio. In particolare, l’accusa è di non aver osato abbastanza nel confronto con l’Ue. “Non abbiamo nessuna logica di infrazione” delle regole di bilancio, precisa Susanna Camusso, segretaria generale della Cgil, “ma non è giusto prendere in giro il Paese, raccontando che facciamo chissà quali meraviglie in Europa quando in realtà stiamo dentro le regole e non pretendiamo di cambiare i trattati”. In altre parole, riassume il segretario generale della Uil Carmelo Barbagallo, “il Def 2017 non lancia quella sfida all’Europa per realizzare un progetto di sviluppo” basato su crescita, investimenti e occupazione.
Nessun giudizio sulla manovra correttiva voluta dall’Ue, “perché il testo della cosiddetta manovrina non ci è noto”, spiega Camusso in premessa del proprio intervento. “Siamo preoccupati delle stime di crescita previste nel Def”, continua, perché “non vediamo tutto questo ottimismo” e, soprattutto, stride “una stima di crescita così alta” – è indicata all’1,1% per il 2017 e all’1% per i due anni successivi – con un “dato della disoccupazione che non scende mai al di sotto del 10%” fino al 2020.
Anche “il dibattito sull’aumento delle aliquote Iva ci preoccupa”, prosegue Camusso, ed “è sintomatico che la prevista riduzione Irpef”, più volte annunciata dall’ex premier Matteo Renzi, “sia stata cancellata dal Piano nazionale di riforme”. Per la sindacalista, dunque, “possiamo ben dire che tali clausole” di salvaguardia che prevedono gli aumenti di Iva e accise “saranno neutralizzate utilizzando le risorse destinate a dipendenti e pensionati”.
La leader Cgil, così come i sui omologhi della Uil, Barbagallo, e della Cisl, Maurizio Petriccioli, teme una riduzione del potere d’acquisto di lavoratori e pensionati. I sindacati sono convinti invece che vadano aumentati i salari con una riduzione del cuneo fiscale e, in generale, chiedono “una riforma complessiva del fisco” per garantire una più equa redistribuzione, indica Petriccioli. “Ci sarebbero molti spazi per una politica fiscale significativa” in questa direzione, suggerisce Camusso, secondo la quale si dovrebbe puntare ad esempio sulla web tax sui colossi del digitale. “Se si continua a immaginare che i grandi redditi devono essere lasciati in pace e che quelli che non pagano le tasse debbano essere lasciati in pace”, ammonisce, allora “non si trovano risorse per fare investimenti e creare occupazione”.
La riduzione della pressione fiscale è una priorità anche per Confindustria, come indica Luca Paolazzi, direttore del centro studi dell’organizzazione degli industriali, auspicando che “la nuova flessibilità sui conti, qualora fosse concessa dalle istittuzioni europee, venga ben utilizzata” per una serie di misure tra le quali “ridurre il cuneo fiscale contributivo e la tassazione dei mezzi di produzione”.