di Yanis Varoufakis
E così, alla fine, la Commissione europea ha concluso che la posizione fiscale della zona euro è troppo restrittiva. «Meglio tardi che mai», diranno alcuni. Purtroppo, la realtà non giustifica tale ottimismo. La ragione? La Commissione è irrilevante e lo sa. Le decisioni di politica fiscale oggi vengono prese dall’Eurogruppo, dove il commissario Moscovici conta poco o nulla. Tra l’altro, la Commissione sembra essere perfettamente consapevole di aver avanzato una proposta che verrà ignorata.
Gli Stati membri con ulteriori esigenze di consolidamento continuano ad aumentare il deficit, alimentando preoccupazioni circa la sostenibilità delle loro finanze pubbliche… D’altro canto, gli Stati membri che godono di spazio fiscale non sembrano intenzionati a sfruttarlo.
Frasi come questa riempiono il recente rapporto della Commissione sulla fallimentare strategia di fiscale dell’eurozona. Bruxelles, giustamente, suggerisce che la zona euro andrebbe vista come un’unica macroeconomia:
Per valutare la situazione attuale, è importante considerare la zona euro come una singola entità, come se ci fosse un ministro delle finanze per tutta l’area euro, e guardare alla sua politica fiscale in termini aggregati. Questo è l’approccio adottato in questa sezione.
Questo è ammirevole. Se non fosse che Berlino non permetterà mai al commissario Moscovici, o a qualunque altro commissario, di considerarsi il ministro delle finanze della zona euro. Se mai verrà creato un simile ruolo, verrò affidato al presidente di un Eurogruppo “potenziato”. In poche parole: la Commissione europea è ormai irrilevante dal punto di vista della gestione dell’economia della zona euro. Essa è stata effettivamente sostituita da quel corpo informale ed escluso dai trattati che è l’Eurogruppo.
Ma lasciamo da parte questa considerazione per un attimo e facciamo finta che la proposta della Commissione vada presa sul serio. Cosa propone il rapporto? Una modesta espansione fiscale per tutta l’eurozona nell’ordine dello 0,5% del PIL circa. Wolfgang Schäuble darà mai il suo assenso? Ovviamente no. Non solo perché non è d’accordo, ma perché, cosa ancora più importante, la proposta della Commissione violerebbe… la Costituzione tedesca, che impone al governo ferrei limiti all’indebitamento pubblico (assurdamente inseriti in Costituzione dal governo stesso qualche anno fa). Questo dimostra che la Commissione sa bene di aver avanzato una proposta che non verrà mai accettata.
I danni creati da otto anni di gestione inetta della crisi hanno danneggiato l’economia europea a tal punto che eventuali aggiustamenti marginali (come quelli proposti dalla Commissione) al disastroso fiscal compact avranno solo un impatto marginale.
L’economia deflazionistica europea è alimentata da più di 3 miliardi di risparmi non investiti. A meno che queste risorse non vengono mobilitate, offrendo incentivi ad investirle in attività produttive, la crisi continuerà. Né il piano di Juncker né quest’ultima trovata sono in grado di farlo. L’Europa ha bisogno di un New Deal europeo, pari al 5% o 6% del PIL della zona euro, da destinare tutto in investimenti. I governi che non godono del sostegno di una banca centrale non hanno lo spazio fiscale per farlo. Questo è il motivo per cui, come parte del nostro lavoro verso un New Deal europeo, DiEM25 presenterà delle proposte per un programma di ripresa guidato dalla Banca europea per gli investimenti (BEI) col sostegno attivo della BCE*.
* Queste proposte saranno presentate il 23, 24 e 25 febbraio 2017 a Parigi. Per partecipare alla stesura dei documenti politici pertinenti, clicca qui.
Pubblicato sul blog dell’autore il 17 novembre 2016.