Bruxelles – C’è già qualcosa che stona nel quadretto della ritrovata unità europea di cui i leader Ue vorrebbero farsi protagonisti a Bratislava. Alla riunione che dovrebbe rilanciare l’Unione a 27 dopo la Brexit, i leader dei quattro Paesi membri del gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia), si sono presentati con una propria dichiarazione comune che di sicuro non può mettere d’accordo tutti. Se da un lato i quattro si dichiarano “determinati a mantenere l’unità e la determinazione dei 27 Stati membri” dall’altro continuano a portare avanti le proprie battaglie.
Prima tra tutte, quella per rivendicare un maggiore potere per gli Stati membri a scapito della Commissione europea. “Le sfide attuali dell’Unione provano che l’Europa può essere forte solo se gli Stati membri e i loro cittadini hanno forte voce in capitolo nel processo decisionale”, sottolineano i quattro, secondo cui, perché questo accada, è necessario “rafforzare il ruolo dei parlamenti nazionali, mettendo in evidenza il rispetto per i principi di sussidiarietà e proporzionalità”. Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia chiedono poi di rispettare “i principi di sincera cooperazione ed equilibrio istituzionale tra le istituzioni Ue così come definiti dai trattati” che prevedono sia il Consiglio europeo a “dare all’Unione la spinta necessaria per il suo sviluppo e di definire le priorità e le direzioni politiche generali”.
I membri del gruppo Visegrad non mollano poi sul fronte immigrazione: bene il lavoro sui migration compact, la cooperazione con la Turchia e la protezione dei confini esterni che l’Ue sta portando avanti ma guai a parlare del sistema di quote obbligatorie per un’equa distribuzione dei rifugiati. “Ogni meccanismo di distribuzione deve essere volontario”, chiariscono i 4 chiedendo che le politiche migratorie siano guidate dal principio della “solidarietà flessibile” e cioè: “Ogni Stato dovrebbe poter decidere specifiche forme di contributo, considerando la propria esperienza e il proprio potenziale”. Per i membri del gruppo, poi, è importante proteggere i confini degli Stati sulla rotta verso l’Ue e in particolare quelli della Bulgaria per cui il gruppo si dice pronto a “aumentare i propri impegni” con un’offerta di “assistenza immediata”.
Nella loro proposta comune, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia insistono poi silla necessità di salvaguardare il mercato interno e le quattro libertà fondamentali dell’Unione, in particolare la libertà di movimento “sradicando il protezionismo intra-Ue”. I quattro chiedono che nonostante il proseguimento del processo di integrazione si “mantenga e rispetti la diversità tra gli Stati membri” per permettere ad ogni Paese di “sentirsi a proprio agio nell’Ue”. Per farlo, secondo i Visegrad, occorre anche evitare “l’integrazione all’interno di piccoli gruppi di Stati membri che indebolirà solo l’Ue internamente e sulla scena globale”. Il risultato di tutto il processo che inizia con il summit di Bratislava, secondo il gruppo, deve essere “riaffermare la visione e i principi contenuti nei trattati e riguadagnare la fiducia dei cittadini”.
Per la cancelliera Angela Merkel, quello di Visegrad è “un approccio positivo perché cerca soluzioni”, ma “dobbiamo capire che significa la flessibilità” che viene richiesta, una questione che “non abbiamo approfondito oggi”. “Aspetto questa discussione con impazienza”, ha continuato al cancelliera che ha notato come su temi come immigrazione e controlo delle frontiere “abbiamo visto che le discussioni con decisioni a maggioranza hanno avuto molte resistenze e quindi forse servono altri approcci”.