Bruxelles – La reazione del governo turco al tentativo di colpo di stato non può passare per azioni che mettano a rischio la democrazia e lo stato di diritto nel Paese. È un monito unanime quello inviato ad Ankara dai ministri degli Esteri dei ventotto, riuniti a Bruxelles per un Consiglio a cui ha preso parte anche il segretario di Stato americano, John Kerry e nella cui agenda hanno fatto irruzione gli eventi delle ultime ore in Turchia. “Siamo stati i primi a dire quella tragica notte che le istituzioni democratiche devono essere protette. Oggi diciamo insieme con i ministri che questo non vuole dire che lo stato di diritto e il sistema di pesi e contrappesi nel Paese non conta”, chiarisce l’Alto rappresentante per gli Affari esteri Ue, Federica Mogherini. Al contrario, “non ci sono scuse per portare il Paese lontano dai diritti fondamentali e dallo stato di diritto”, insiste e “saremo estremamente vigilanti su questo non per il bene dell’Ue o dei negoziati” di adesione del Paese all’unione, ma “per il bene del popolo turco”.
A creare preoccupazione sono le ultime mosse del presidente turco Recep Tayyp Erdogan che nel tentativo di riprendere con forza il controllo del Paese e mostrare il pugno duro nei confronti dei responsabili della fallita rivolta, ha aperto alla reintroduzione della pena di morte che per chi commette atti di tradimento nei confronti dello Stato. La pena capitale in Turchia era stata abolita nel 2004 con Erdogan premier. Anche l’attuale capo del governo, Binali Yildirim, dichiarando che “ora è il momento di fare pulizia”, ha assicurato alla folla che chiedeva la condanna a morte per gli autori del golpe che il governo “ha recepito il messaggio” e che “sarà fatto quanto necessario”.
Ma una decisione di questo tipo sotterrerebbe definitivamente il faticoso cammino della Turchia verso l’adesione all’Unione europea, recentemente rilanciato come parte per l’accordo sull’immigrazione siglato il 20 marzo scorso. “Voglio essere molto chiara”, ha dichiarato Mogherini, “nessun Paese può diventare Stato membro dell’Ue se introduce la pena di morte, questo è nel nostro acquis quindi è sicuro”. Non solo: “La Turchia – ha ricordato anche l’Alto rappresentante – è un membro importante del Consiglio d’Europa e come tale è vincolato dalla convenzione europea sui diritti dell’uomo”.
Nelle ultime ore in Turchia, si sta anche “facendo pulizia”: come reso noto dallo stesso ministro della Giustizia, Bekir Bozdag, “ci sono stati circa 6 mila arresti, e ce ne saranno altrettanti”. Il Consiglio supremo dei giudici e procuratori turchi (Hsyk) ha ordinato l’arresto dei 2.745 magistrati rimossi dall’incarico perché considerati coinvolti nel fallito golpe, di cui 426 sono già stati arrestati. Sono finiti in manette anche 58 membri del Consiglio di Stato e sono stati emessi mandati d’arresto per 140 membri della Suprema corte d’Appello, 11 dei quali sono stati già eseguiti. Altra situazione cui cui l’occidente promette grande attenzione.
“Molte persone sono state arrestate e molto rapidamente e anche su questo il livello di vigilanza sarà ovviamente significativo nei prossimi giorni”, garantisce il segretario di Stato americano, assicurando che si sta “lavorando insieme per evitare un arretramento nel Paese”. A nome degli Stati Uniti, alleati della Turchia nella Nato, Kerry ricorda che così come l’Ue, anche l’Alleanza atlantica “ha come requisito il rispetto della democrazia e valuterà molto attentamente quello che sta succedendo”. Il braccio destro di Barack Obama spiega di avere parlato tre volte in queste ore con il ministro degli Esteri turco che ha dato rassicurazioni sulla “intenzione di rispettare pienamente il processo democratico e la legge” e “la mia speranza – dice – è che si muovano in modo coerente”.
Dura presa di posizione anche da parte dell’Italia, secondo cui la reinroduzione della pena di morte in Turchia “sarebbe uno dei simboli di quello che l’Europa non può accettare”. Quella di Ankara, chiede il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, “non può essere una reazione di vendetta, deve essere una reazione che tiene conto dello stato di diritto e delle regole della legge”. Cosa che per ora non sembra succedere: “Immaginare che in dodici ore si sia appurato che ci sono alcune migliaia di giudici complici del tentativo di colpo di stato rischia di apparire un po’ stridente con i principi dello stato di diritto, come se invece che raccogliere elementi di questa eventuale complicità si sia voluto semplicemente ricorrere ad una forma di epurazione”, protesta Gentiloni. Anche a Roma, riporta il ministro, sono arrivate rassicurazioni dal governo turco sul fatto che “la loro riposta sarà orientata rispetto alla legge e dello stato di diritto”, ma “sinceramente – non nasconde Gentiloni – vediamo dei segnali che vanno in direzione molto diversa”.
Una posizione ribadita da tutti i ministri con una dichiarazione congiunta in cui i ventotto si dicono concordi nel “condannare fortemente” il tentativo di colpo di Stato, ma richiamano anche a “mostrare moderazione da parte delle autorità turche, della polizia e delle forze di sicurezza del Paese” e sottolineano: “deve essere fatto tutto il possibile per evitare ulteriore violenza, per proteggere le vite e restaurare la calma”. La Turchia, ricorda il Consiglio “è un paese candidato e un partner chiave dell’Unione europea” e “l’Ue rimane impegnata a lavorare insieme ad una Turchia democratica, inclusiva e stabile per affrontare le sfide comuni”.
Nonostante le condanne, però, per il momento nessuna misura concreta è allo studio per convincere Ankara a cambiare posizione. “Sta alla turchia – commenta Mogherini – considerare se essere un Paese candidato è qualcosa che fa parte ancora parte dei suoi desideri e delle sue aspirazioni e prendere le decisioni conseguenti”. Per il momento, spiega l’Alto rappresentante, la possibilità di congelare il negoziato di adesione della Turchia come reazione agli ultimi fatti è una possibilità che non è stata sollevata da alcun ministro. Il tema del resto non compete ai ministri degli Esteri riuniti oggi: dei negoziati di adesione si occupa il Consiglio affari generali che, secondo l’Alto rappresentante, potrebbe tornare sulla questione.