Roma – Con ‘industria 4.0’ si fa riferimento alla quarta rivoluzione industriale, quella in corso, che prevede una massiccia innovazione fatta di digitalizzazione e interconnessione. Se l’Europa investisse su questo processo 60 miliardi di euro all’anno, fino al 2030, si creerebbe un valore aggiunto di 500 miliardi e ci sarebbero 6 milioni di posti di lavoro in più. È quanto sostiene Roberto Crapelli, amministratore delegato di Roland Berger italia, società di consulenza strategica per le imprese, nel corso di una audizione davanti alla commissione Attività produttive della Camera.
“Come in ogni rivoluzione industriale – ha ammonito Crapelli – ha la peggio chi non innova”, dunque bisogna darsi da fare per non perdere il treno. “Gli imprenditori riusciranno a modificare il loro modo di fare affari”, ha assicurato il manager. Il problema, a suo avviso è che “sono necessari mercati di capitali adeguati, altrimenti le banche, o l’autofinanziamento, non consentiranno da soli alle imprese di adottare questo cambiamento”.
“Non si tratta di usare capitale pubblico, ma di favorire questi investimenti grazie anche alla spinta delle istituzioni”, ha precisato il rappresentante di Roland Berger. In altre parole, ha chiesto “un mercato dei capitali più fluido: far sì che qualsiasi strumento di debito possa andare sul mercato istituzionale”. Per Crapelli, “lo Stato non deve mettere niente, ma deve creare strumenti che facciano trovare attraenti questi investimenti”.
Servono poi dei luoghi di incontro dove le aziende riescano a mettere in comune gli sforzi ottenendo benefici maggiori. Lo ha segnalato Giuseppe Falco, amministratore delegato di Boston consulting group, convinto che si debba “puntare sulle Università”, perché “le piccole imprese da sole possono fare dei pezzettini, ma bisogna trovare dei punti di aggregazione”.
Per Gianluca Camplone, senior partner di un’altra società di consulenza, la McKinsey, il compito delle istituzioni “è quello di facilitare e creare l’ambiente più adatto all’innovazione”, utilizzando “leve fiscali, regolamentazione e strumenti di protezione della proprietà intellettuale”. Dal punto di vista infrastrutturale, “è ovvio” che la diffusione della Banda larga “ricopra un ruolo fondamentale”, ha proseguito, “ma non basta portarla a Roma e Milano, perché le eccellenze sono anche in provincia”, ha concluso.