di Pierluigi Fagan
Il problema siro-iracheno proviene dalle forme statuali che vennero imposte nel ventesimo secolo ad una regione che, storicamente, non ne aveva. Tale problema è esteso a tutta la fascia Africa-Medio Oriente-Asia meridionale e venne creato per una sovrimposizione di forme statuali, lì dove storicamente si sono avuti califfati e pullulare di piccoli regni più o meno tribali. Non solo si è imposta una forma che non aveva ragioni di esistere date le tradizioni storiche, culturali, politiche e soprattutto religiose ma la stessa ripartizione, seguendo unilaterali interessi dei colonizzatori, ha assemblato pezzi di popoli incompatibili ed ha diviso in pezzi popoli storicamente omogenei.
Questo vero e proprio disastro geopolitico, in Medio Oriente, ha nome e data precisa: l’accordo spartitorio tra Francia e Gran Bretagna del 1916, negoziato tra due diplomatici che vi apposero il proprio nome, l’accordo Sykes (UK) – Picot (FRA), con altrettanto distruttivi contributi successivi. L’anno prossimo ne ricorre il secolo di anniversario. Questa è la base del problema, ma poi su questa base già di per sé contraddittoria si sono sommate ulteriori contraddizioni lungo la seconda guerra mondiale ed i decenni successivi.
Si arriva così, con un carico di pezzi di puzzle che non sono stati torniti per combaciare, alla seconda guerra USA-Iraq. L’Iraq era uno dei capolavori “meglio riusciti” dei geografi politici britannici: curdi (non arabi) sunniti, con arabi sunniti, con arabi e iranici sciiti. I minoritari arabi sunniti, a loro volta innaturalmente separati dai parenti dislocati nell’attigua Siria, avevano con Saddam il governo autoritario della pentola a pressione irachena. Questa minoranza governava su un’altra minoranza, i curdi, a cui era stato negato lo Stato precedentemente promesso dai soliti inglesi. I curdi sono oggi 30-40 milioni e sono locati dentro ben sette stati in quella porzione di cartina geografica con la quale non abbiamo confidenza, sebbene noi europei si sia tutti di razza “caucasica” poiché lì sono le nostre origini ancestrali (circa 50.000 anni fa).
La minoranza arabo-sunnita in Iraq governava poi anche su una maggioranza di sciiti, di etnia mista arabo-iranica. Non solo i britannici s’inventarono uno Stato di tipo europeo su un territorio storico, la Mesopotamia, che trascendeva questa categoria di appena 10.000 anni, ma lo fecero, anche, per dare un contentino riparatorio di un altro bel casino che avevano combinato. Si tratta del legittimo (legittimo in base al Corano) emiro di Mecca e Medina, col quale fecero un’alleanza usandolo per liberare la zona dagli ottomani, salvo poi non mantenere le promesse territoriali che dovevano compensare gli sforzi degli arabi. Il contentino fu negargli la sovranità sulla penisola arabica-Siria promessa, ma dare ai due figli la sovranità su due Stati inventati ex novo, quella che sarà la Giordania, e l’Iraq. Non solo, in seguito aiuteranno la famiglia Al Saud, che tradizionalmente stava a Mecca e Medina come gli svizzeri stanno al Mediterraneo, a soppiantare i legittimi discendenti di Muhammad che stavano appunto a Mecca e Medina, inventando un terzo stato: l’Arabia Saudita. Al Saud compì l’impresa dandosi una legittimità religiosa (che non aveva) ricorrendo al patto tra suoi antenati ed un altro illegittimo, un certo al-Wahhab, da cui discende il wahhabismo, una interpretazione coranica estrema che esiste solo in Arabia Saudita.
Quando saltò il coperchio della pentola a pressione irachena, ovvero Saddam, tutte queste contorte linee di forze disordinate presero vigore e ne nacque la situazione che fa da premessa alla storia più recente. Naturalmente dei disastri Sykes-Picot fa poi parte anche tutta la storia Israele-Palestina, ma, già aggrovigliati con quella siro-irachena, ce la risparmiamo. Inoltre, lo sciagurato design delle scatole di sabbia mediorientali si era intrecciato col petrolio, con i postumi della Repubblica Araba Unita (RAU, tentativo di unione laica tra Egitto-Siria e Yemen, da cui derivava il partito Ba’th, al governo proprio in Siria ed Iraq); erano arrivati gli americani, i russi erano diventati sovietici e poi di nuovi russi, gli ottomani erano diventato turchi, gli israeliani erano diventati una potenza regionale atomica e gli iranici erano diventati una repubblica islamica sciita, aspirante atomica.
Si arriva così all’ISIS. Dopo aver lungamente ricercato tempo fa sull’argomento, chi scrive si è fatto questa idea sull’origine dell’ISIS. L’Isis è un soggetto tripartito. Il suo scheletro è dato dall’élite della minoranza sunnita irachena, proveniente dall’esercito, dai servizi segreti e dalla polizia dei tempi di Saddam. Questa è la sua infrastruttura locale e militare (professionale). Su questo scheletro si è formata la muscolatura e gli organi dati da vari tipi di aderenti al radicalismo islamico (salafiti, jihadisti, wahhabiti et alter) provenienti da tutto il mondo musulmano. Il sistema nervoso è stato fornito da… ? Ora qui la faccenda è sia oscura che complicata. Chi scrive ritiene che l’origine strategica del progetto ISIS sia arabo-saudita. Per lungo tempo questa origine è stata negata. Poi si è cominciato ad ammetterla ma con la formula: all’inizio privati sauditi hanno finanziato l’ISIS, poi la creatura si è rivoltata contro. Dopo le dichiarazioni di Putin in Turchia, i giornali continuano con la versione dei finanziamenti privati. Chi scrive (e non sono il solo ma in compagnia di ben più qualificati di me) non ritiene che siano stati i “privati” ma la famiglia reale saudita in piena consapevolezza ed intenzione, e ritiene che questo non sia stato solo l’inizio di cui successivamente i sauditi avrebbero perso il controllo, venendone addirittura minacciati, ma sia valido ancor oggi.
Su quanto questo progetto fosse stato condiviso tra sauditi ed americani il discorso si fa lungo e complesso. Il progetto è stato probabilmente condiviso con “una parte” degli americani di più e con un’altra di meno mentre è stato condiviso sicuramente con gli israeliani e con i turchi. Attualmente, non è escluso che la variegata composizione interna dell’ISIS abbia conflitti strategici interni e col patrocinatore saudita. Altresì, non è detto si renderà docile alle soluzioni che verranno approntate sopra la sua testa. A cosa mirava, il progetto ISIS?
L’obiettivo del progetto era triplice:
1) Il primo fine era quello di creare uno Stato sunnita prendendo un pezzo di Iraq ed un pezzo di Siria. Questo nuovo stato ricuciva l’unità tribale sunnita separata dal Sykes-Picot. Abbandonava l’impossibile convivenza con curdi e sciiti. Creava uno Stato intercapedine tra mondo sunnita-israeliano e il mondo sciita-iraniano, “affiliato” all’Arabia Saudita. Sottraeva terra e potere alle tribù sciite siriane che erano, specularmente ma inversamente al problema iracheno, a loro volta una minoranza (sciita) che governava una maggioranza (sunnita). Ambiva ad integrare parte dei pozzi iracheno-siriani con il sistema saudita-Golfo. Si poneva come possibile alternativa alla rete degli idrocarburi che sfociava nel Golfo, offrendo una teorica possibilità di sfociare direttamente nel Mediterraneo. Questo primo fine motivava lo scheletro armato del soggetto che con la fine di Saddam aveva perso tutto: terra, potere, futuro.
2) I sauditi avevano un problema con al-Qaeda. Era al-Qaeda il vero Frankenstein a cui avevano dato vita assieme agli altri paesi del Golfo e che si era rivoltato contro “il creatore”. Si tenga conto che di tutte le costruzioni istituzionali del vario mondo musulmano, la monarchia è probabilmente la forma meno legittima secondo la tradizione coranica. La monarchia marocchina ha una legittimità un po’ stiracchiata; quella giordano-hascemita di al-Husayn, lo sceriffo di Mecca e Medina fregato dagli inglesi, invece è pienamente legittima discendendo dall’antico clan di Muhammad (Banu Hashim) e non a caso saranno i giordani a decidere il tavolo di composizione delle trattative sul post-Siria concordato l’altro giorno a Vienna. Quella saudita non ha alcuna discendenza da Muhammad ed è del tutto infondata. Ma il culmine è che una monarchia e per giunta infondata governa su Mecca e Medina. Scorrendo il registro delle cronache, troverete diversi attentati ed arresti di affiliati ad al-Qaeda in Arabia Saudita, mentre non ne troverete neanche uno di ISIS. Per risolvere il problema al-Qaeda, che era il progetto 1.0, si creò il progetto 2.0 di modo che gli affiliati al primo si travasassero nel secondo. L’inimicizia, ambigua come tutte le cose arabe, tra al-Qaeda ed ISIS discende da questa competizione. Il travaso si è fatto stringendo i cordoni della borsa per al-Qaeda e inondando l’ISIS, e poiché il jihadista è sensibile al soldo si è prontamente travasato. I resti di al-Qaeda sono rimasti nella sfera d’interesse del Qatar. Come posizionamento, fatta salva l’adesione allo stesso ceppo ideologico che origina da Sayyd Qutb e i salafiti, mentre al-Qaeda era contro il nemico vicino (tutti i governi illegittimi arabo-musulmani) e quello lontano (il Grande Satana occidental-americano), ISIS voleva uno Stato-territorio ed il suo nemico principale, sia territoriale, sia ideale, era il mondo sciita. Sciiti, infatti, erano sia i governanti siriani, sia quello che rimaneva dell’ex Iraq, sia il nemico storico dei sauditi, l’Iran. Tecnicamente parlando, al-Qaeda nasce e rimane una organizzazione di tipo terroristico; ISIS no, è un progetto che rivendica uno Stato non su base etnica ma su base religiosa, il che non toglie che possa – anche – usare il terrorismo.
3) il terzo obiettivo era il più ambizioso ma non so dire se sia stato previsto come un tentativo-alone o un fine perseguito con piena convinzione. Si trattava di monopolizzare il mondo dell’estremo islamismo, strappandolo da una galassia variegata che al suo estremo spettro politico ha i Fratelli musulmani, che non sono terroristi (appoggiati dal Qatar), e consegnandolo al mondo wahhabita di cui i sauditi sono monopolisti. Tutte le più efferate pratiche dell’ISIS non fanno che ripetere le gesta e le prescrizioni di al-Wahhab, la letteratura che gira tra gli affiliati dell’ISIS è tutta di esplicita origine wahhabita. La gran parte del network di nuove scuole coraniche e moschee, aperto tanto nel mondo islamico quanto in quello extra-islamico, hanno origine saudita-emirati. La ramificazione dell’ISIS, dall’Estremo Oriente all’estremo occidente africano, segue questa linea di manipolazione e monopolio dell’interpretazione più rigorosa del Corano, al fine di condizionare tutti i governi del vario mondo musulmano, nonché disturbare i nemici esterni all’Islam, che siano cinesi, russi, indiani o europei. Quindi: uno Stato islamico-califfale nel “Siraq” anti-sciita, soppiantare al-Qaeda con il conseguente riorientamento strategico, egemonizzare il variegato mondo islamista con il wahhabismo.
I cinesi, quando si tratta di uiguri (popolazione turca, musulmana, nell’ovest dei confini nazionali cinesi, nello Xinjiang), vanno per le spicce. Eppure, per quello che si sa, forse gli islamici sono responsabili addirittura di un attentato a Beijing. Inoltre, paventano che l’ISIS si allarghi alle regioni centro-asiatiche, dove i cinesi hanno progetti relativi alla propria, nuova, via della seta. Ma in questi giochi, in cui i comuni mortali si perdono per bancarotta etica e logica, la Cina è anche cliente dell’Arabia Saudita (petrolio) e gli ha venduto i missili su cui i sauditi pensano di mettere le testate nucleari date dai pakistani (che sono amici dei cinesi). Gli indiani del neonazionalista indù Modi hanno cominciato a fare a botte con i musulmani interni e lì la faccenda è complicata anche dal Pakistan. Lo stesso Pakistan pare abbia un segreto accordo di fornitura di testate atomiche ai sauditi, qualora si presentasse un problema con l’Iran. I russi sono quelli che hanno le idee più chiare e le mani più libere nell’opporsi ai disegni egemonici sauditi. Oltre ad interessi geopolitici generali, ai problemi di terrorismo islamico nel Caucaso, il dente avvelenato per il dumping sul prezzo del petrolio, hanno l’interesse imprescindibile di mantenere la base navale di Tartus in Siria, che è l’unico punto d’appoggio fuori del Mar Nero. Non appena l’ISIS si è presentata a ridosso di Tartus, Putin ha fatto decollare i caccia.
Gli iraniani sono ovviamente schierati come “il nemico” principale, attraverso l’Iraq sciita, Assad e gli alawiti (che sarebbero sciiti ma non ortodossi) ed Hezbollah, che sarebbe una specie di fratellanza musulmana versione sciita. Hezbollah ha interessi sia in Siria, sia in Libano. Inoltre, l’Iran rimane l’unico vero nemico armato contro Israele. I curdi iracheni, ovviamente, combattono contro l’ISIS per ragioni confinarie. L’ISIS vorrebbe quanto più Iraq è possibile, i curdi resistono per la loro parte. Altrettanto in Siria. I turchi non vogliono che prenda forma un possibile Stato curdo, specie quello sul versante siriano, che è monopolizzato dal peggior nemico interno della Turchia di Erdogan, il PKK. Altresì, possono tollerare uno Stato sunnita in Siraq, anche se è da vedere bene di che tipo e vorrebbero partecipare al banchetto siriano prendendosi un pezzo del suo nord. Gli israeliani sono solidali con l’Arabia Saudita e l’allontanamento dei confini sciiti, oltre ovviamente a vedere di cattivo occhio Assad e combattere Hezbollah. L’ISIS ha tagliato molte teste ma neanche una ebraica. L’Egitto sta alla finestra, può poco al momento ed ha le sue gatte interne da pelare, nel Sinai e contro la Fratellanza musulmana; ha simpatia per i petrodollari sauditi ma non è detto non si faccia sotto alla partita. In fondo ha rapporti storici con una Siria laica e sicuramente non condivide le strategie saudite più hardcore. D’altro canto, al-Sisi è debitore dell’appoggio del Golfo al colpo di Stato che ha rovesciato Morsi e la Fratellanza musulmana. Si tenga quindi conto che c’è: uno scontro sunniti-sciiti (Arabia Saudita-Iran), detto “scontro settario”, ci sono appetiti territoriali e vecchie inimicizie d’area, l’esibizione di potenza wahhabita per soppiantare al-Qaeda ed egemonizzare l’Islam radicale. Intorno, russi ed americani che osservano e partecipano, europei (francesi e britannici) convinti, da un secolo, che la cosa li riguardi.
Gli americani? Innanzitutto bisogna dividere gli americani in due. Da una parte l’industria militare più tradizionale, i neocon, la Clinton, uniti e solidali col progetto saudita, quantomeno per ciò che riguarda la risistemazione dei confini mesopotamici. Dall’altra l’amministrazione Obama. Obama ha dichiarato – ed ha conseguito comportamenti pratici coerenti – che il Medio Oriente è sceso nella graduatoria degli interessi geopolitici americani. Ricordiamo che la strategia geopolitica obamiana annunciata punta all’Asia, quella praticata punta anche a dividere Russia ed Europa, il gas di scisto emancipa per grande parte gli USA dalla dipendenza dal petrolio mediorientale. La politica dei prezzi gestita come un’arma dai sauditi andava contro l’Iran e la Russia ma non meno contro gli americani, tentando di mettere lo scisto fuori mercato. È in gioco lo statuto del dollaro, i trattati regionali (TPP, TTIP, TISA, allargamento NATO). Gli USA hanno già un bilancio fuori dai limiti e non sono onnipotenti; il discorso sulle priorità ha senso. Obama sta sdoganando l’Iran per creare un quartetto+1 autobilanciato (Iran, Arabia Saudita, Turchia, Egitto + Israele non direttamente) che si neutralizzi a vicenda creando il famoso equilibrio delle potenze regionali. Che si venga a formare un nuovo stato sunnita in Siraq è dato forse per scontato per cui l’impegno anti-ISIS è stato solo mimato. Quello della parte neocon-Clinton invece è stato agito ma a favore del progetto sauditi-ISIS. Recentemente è diventata golosa l’idea di dare finalmente uno Stato ai curdi. I curdi sono tanti, non sono arabi, sarebbero eternamente grati (alleati fidati) a chi dà loro la statualità, avrebbero prossimità al Caspio, starebbero in mezzo ad Iran, Caucaso, nuovo Stato sunnita/Medio Oriente. Probabilmente, l’idea sarebbe consentita da iracheni, iraniani (recalcitranti ma potrebbe essere oggetto di scambio con altri favori) e nuovo ipotetico Stato sunnita, non credo dai turchi ma anche qui si tratta di vedere la contropartita. L’Iraq curdo è quello più ricco di petrolio.
Recentemente, Umberto Veronesi, di cui era sconosciuta la competenza geopolitica, ha azzardato l’idea di sdoganare la pretesa sunnita di un nuovo Stato siro-iracheno. In termini di realismo, che è l’unica filosofia che conti in geopolitica sebbene non sia la sola ad influenzarne il pensiero, questa pare l’unica soluzione possibile. È molto difficile pensare di riportare i sunniti iracheni con curdi e sciiti in un unico Stato. È altrettanto improbabile pensare di ricostituire la Siria originaria. È parimenti difficile che l’Arabia Saudita, il Qatar, i golfisti, la Turchia, i curdi e gli stessi sciiti accettino un ritorno alle posizioni di partenza. Fece parte della strategia neocon che mosse Bush in Iraq balcanizzare la regione. Sapevano cosa stavano facendo e contavano su oggettive linee di faglia, le stesse dei Balcani.
Si tratterà quindi di vedere come e quando dar seguito a questo esito scontato, premettendo che non sarà affatto facile e che proprio al giungere al dunque di chi si prende cosa e come le azioni sul campo si infittiranno per guadagnare posizioni-fiche da giocarsi al tavolo delle complesse trattative. Altrettanto, si manifesteranno caoticamente tutte le direzioni divergenti che compongono oggi l’interno del soggetto ISIS. Chissà che la strage parigina non possa esser inquadrata anche in questo senso. Ricordo anche che quella di Charlie Hebdo avvenne tramite soggetti che si richiamavano ad al-Qaeda, non ad ISIS.
Si tratterà poi di vedere cosa ne sarà dell’obiettivo 2) e soprattutto 3) della strategia ISIS-Arabia Saudita. Uno Stato sunnita di impostazione islamica naturalmente sarebbe la success story che nella competizione jihadista farebbe trionfare l’ISIS su al-Qaeda e più in generale sul ribollente mondo dell’Islam radicale che esiste e non necessariamente imbraccia il mitra. Ma poiché il mondo arabo è il più tipico dei gineprai hobbesiani, se i sauditi l’avessero vinta su questo punto, chissà “gli altri” cosa farebbero. Soprattutto il Qatar, che tanto si è speso in Siria. Infine, l’idea di una egemonia wahhabita con uno Stato di partenza ed impegni terroristici in tutto il mondo musulmano sarebbe inaccettabile per tutti. L’idea stessa di un califfato è una minaccia mortale alla legittimità di qualsiasi sovranità statale dell’Islam che, ricordiamolo, conta 1,6 miliardi di persone. Ricordo che il “califfato” è ritenuta l’unica forma legittima di forma politica in base alla storia, essendo questa la forma in essere della zona dalla morte di Muhammad (632) al 1924. In base alla storia, non al Corano che in materia non dice nulla.
S’impone, quindi, una qualche forma di normalizzazione dell’ISIS ed una sua trasformazione in gruppo dirigente della nuova entità statale con rilascio in vuoto a perdere dell’anima jihadista, che bisognerebbe poi vedere che fine farebbe. I discendenti di Sykes non so cosa stiano facendo, ma qualcosa di molto arzigogolato sicuramente lo stanno facendo (as usual), probabilmente come consulenti geopolitici dell’Arabia Saudita e “padrini occulti” della nuova creatura. I discendenti di Picot bombardano, vengono mitragliati nei boulevard, cantano la Marsigliese e vanno e bombardare di nuovo e di più. Sanno che con i bombardieri non si risolve nulla se non ottenere una sedia la tavolo che tratterà il finale di partita e, ritenendo quella “zona loro”, quella sedia è ritenuta fondamentale. Qualcuno dovrà pur ricostruire con creatività la schumpeteriana distruzione, no? Vedo un bel TGV Baghdad-Damasco, Damasco-Riyad e non solo.
In Europa si mostra plasticamente come i più sono ignari del mondo. Se ne sentono di tutti i colori e si discute su un discreto numero di cose (ideologiche, romantiche, emotive) che poco o nulla hanno a che fare col problema, che è intricato ma non richiede una laurea in meccanica quantistica per esser approcciato. Ci sono le élite francesi strapazzate da sogni di potenza neocoloniale: i francesi si stano dimostrando un popolo assai unito nel ritenersi “speciale”; entro un certo limite questo è anche simpatico folklore, nel mondo complesso diventerà invece un problema. Ci sono poi quelle che si occupano solo di euro, derive neoliberali ed impossibili limiti di bilancio da mantenere nel futuro anche immediato. I francesi hanno già defezionato e poiché anche gli americani spingono per l’aumento delle spese della difesa ed hanno inviato due bei missili a miss Merkel, uno con su scritto VW e l’altro DB, penso che i limiti diventeranno improvvisamente porosi. C’è l’europeo medio che è terrorizzato dal mondo che è e che verrà. Dalla politica all’informazione, che nulla hanno fatto sino ad oggi per intermediare la nuova complessità del mondo, potenti dosi di isteria non fanno che confondere ulteriormente le cose. C’è poi il circo dell’incompetenza mediatica e gli avvoltoi e le iene che pasteggiano su i cadaveri. L’intellighenzia di sinistra – a casa loro quando si tratta di migranti, Tsipras, l’euro ed il neo-ordoliberismo, che hanno scoperto con qualche decennio di ritardo, diventando però tutti docenti di teoria monetaria – ti guarda come se parlassi di Yoda e Dart Fener.
L’ambiente alternativo più estremo vede complotti sofisticatissimi e non vede quelli più concreti: l’ISIS è la CIA, non c’è stato nessun attentato ma solo covert operations, il cattivo è sempre l’America (powered by sionisti), il mondo (al pari dei neocon) è idealmente diviso in buoni-buoni vs. cattivi-cattivi. Il fondamentalismo arabo è una invenzione pura e semplice. Sono invero i più disincantati per certi versi ma nella sottovalutazione delle dinamiche arabo-islamiche mostrano la stessa cecità degli imperialisti e dei colonialisti, ovvero un ottuso euro-centrismo ed un occidentalismo che, sebbene critico, riduce la complessità del mondo nuovo al solo imperialismo capitalista. Recentemente, le uniche cose sensate che si sentono vengono dette da generali in pensione. Infine, leggersi qualcosina sull’Islam – che è: a) più del 20 per cento del mondo; b) in potente crescita demografica; c) dirimpetto a noi; d) già consistentemente presente da noi; e) un posticino con 30 e più Stati del continuum afro-asiatico; f) una cultura molto complessa che ha millequattrocento anni – non sarebbe una cattiva idea.
Tutto questo disadattamento evidente depone a sfavore delle previsioni sulla consistenza del nostro prossimo futuro, che sarà pesantemente condizionato da questo gioco e da quello più ampio che attiene alla risistemazione dei pesi di potere sul globo.
Pubblicato sul blog dell’autore il 17 novembre 2015.