Il 2 e 3 aprile si terrà a Bruxelles il IV incontro al vertice intercontinentale tra partners africani e europei sul tema ‘Investire in persone, prosperità e pace’. Nonostante I buoni auspici pero,’ i preparativi di queste settimane mettono in evidenza diverse crepe nei rapporti tra i due continenti
di Marta Martinelli*
Quando fu firmato a Lisbona nel 2007, il partenariato congiunto EU-Africa si prefiggeva di creare un rapporto tra pari con al centro le popolazioni dei due continenti. Il terreno di prova e la rilevanza del partenariato si sarebero misurati sui benefici concreti che avrebbe apportato ai cittadini dell’Unione Europea e dell’Africa. Da allora qualcosa si é inceppato e il Vertice Ue-Africa del 2 e 3 aprile dovrà considerare le proposte di riforma sollevate tanto dagli stati membri che dalla società civile e tener conto di come le dinamiche globali abbiano alterato tanto l’Europa che l’Africa.
Cosa é cambiato dal 2007 ? L’Unione Europea soffre di una massiccia perdita di credibilità in Africa ma rifiuta di affrontarne le conseguenze. Le crisi del mondo arabo degli ultimi due o tre anni hanno reso drammaticamente evidente ai partner africani che il permanere di regimi autoritari in Egitto e in Libia si era fatto anche col concorso europeo e che l’Unione Europea é animata, più che dai principi di diritti umani e democrazia, da interessi molto concreti quali la stabilità geopolitica e il commercio. Inoltre I cambiamenti rivoluzionari in questi due paesi hanno sottratto all’Unione Africana due attori chiave dello sviluppo del panafricanismo e delle istituzioni continentali africane. Entrambi erano tra i principali contribuenti finanziari dell’Unione Africana e motori importanti delle relazioni intercontinentali con l’Unione Europea. Il loro indebolimento ha certamente marcato un rallentamento delle relazioni anche tra I due continenti e l’emergere di lotte di potere interne per la presidenza della Commissione Africana risoltesi a favore del Sud Africa.
D’altra parte l’Africa acquista sicurezza e diversifica i propri partenariati in particolare con la Cina, l’India e il Brasile riducendo la dipendenza da alleati tradizionali come gli Europei. Il rinnovato senso di fiducia riposa sulla consapevolezza di essere un continente giovane e ambito dagli investitori internazionali in un periodo di continua crisi finanziaria e permette all’Africa di manifestare i propri dissensi in seno alle Nazioni Unite o nel WTO. Le polemiche legate alla Corte Penale Internazionale, accusata di accanirsi contro i capi di stato africani e di essere divenuta uno strumento occidentale per la gestione dell’ordine mondiale, avvelena i rapporti tra i due partner nonostante l’Unione Europea continui a invitare gli africani a risolvere la diatriba all’Aja piuttosto che a Bruxelles. Dal canto suo l’UE che si era impegnata a trattare l’Africa come un attore unitario al momento del partenariato, non esita a firmare accordi economici bilaterali con attori africani diversi in ottemperanza alla fine dei regimi di scambio privilegiato imposta dall’Organizzazione Mondiale per il Commercio. Il tutto in nome del mercato senza barriere e senza tener conto dei ritardi africani nell’ambito delle politiche agricole e industriali. Finalmente, come una ciliegina sulla torta, diversi alleati strategici dell’occidente come il Nigeria e l’Uganda, hanno adottato di recente leggi che criminalizzano gli omosessuali, sollevando le ire e le minacce di ritorsioni economiche, peraltro assolutamente senza effetto, tanto da parte europea che da parte americana. In breve, il vertice si annuncia avvelenato.
Eppure le ragioni per un rinnovato impegno non mancano : entrambi i continenti soffrono gli effetti del cambiamento climatico con impatti disastrosi sulla sicurezza alimentare e la stabilità di intere regioni. La crisi economica e finanziaria impone ai due partners di impegnarsi congiuntamente per combattere l’evasione fiscale e la corruzione che sottrae capitali ingenti tanto all’Africa che all’Europa riducendo gli investimenti nei servizi. Le risorse naturali di cui l’Africa é tanto ricca e l’Europa é tanto bisognosa, impongono una ristrutturazione dei regimi che regolano l’estrazione e l’uso dei minerali. E non meno urgentemente, i flussi migratori generati tanto dal bisogno di lavoro che dalle crisi umanitarie che flagellano l’Africa impongono una gestione basata non solo sulle politiche di sicurezza ma sulla creazione di reali opportunità lavorative e sul rispetto dei diritti umani.
Il dialogo politico generato dal partenariato durante il vertice é importante ma non deve rimanere fine a se stesso. Deve divenire invece uno strumento per la realizzazione di benefici congiunti per i cittadini dell’Europa e dell’Africa. O rischiare di trasformarsi in un’altra conchiglia vuota.
Marta Martinelli
* (Senior Policy Analyst, EU External Relations at the Open Society European Policy Institute. Writes in his individual capacity)