Il Saarland tedesco sta per diventare la prima regione europea a bilinguismo indotto e forse la definitiva prova che in Europa una politica linguistica è possibile, quando si hanno le idee chiare sui risultati da raggiungere.
Il governo regionale del Saarland ha preso la decisione di introdurre l’insegnamento bilingue franco-tedesco fin dall’insegnamento prescolare per favorire i rapporti economici con la Francia e prevede l’assunzione di personale bilingue anche nella sua amministrazione. Una scelta coraggiosa e lungimirante, che risponde pienamente agli obiettivi dell’integrazione europea.
Il Saarland non è uno stato qualunque della federazione tedesca. Situata sulla frontiera della Lorena francese, la regione che fa capo a Saarbruck fu occupata militarmente dalla Francia nel 1945 e dal 1946 divenne un territorio indipendente riconosciuto internazionalmente, al punto che ebbe brevemente perfino una nazionale di calcio e giocò una partita anche contro la nazionale tedesca nel 1953. La Francia mirava a fare del Saarland un primo nucleo di territorio europeo sovranazionale, anche se sotto temporanea tutela militare francese. Era nel Saarland che la Francia immaginava si sarebbero insediate le istituzioni europee. Ma qui sorsero con la Germania delle divergenze di fondo, che nel 1954 portarono ad un referendum popolare con il quale gli abitanti del Saarland scelsero di restare tedeschi.
Questo non ha impedito negli anni al Saarland di integrarsi sempre più strettamente con i limitrofi dipartimenti francesi fino a trasformare quella che un tempo era una frontiera in una regione a pieno titolo. La decisione di introdurre il bilinguismo è il passo definitivo che questo piccolo territorio ha compiuto verso la creazione di un nuovo concetto di cittadinanza. Per la prima volta nell’Unione europea un’appartenenza si costruirà a prescindere dalle lingue. L’esempio del Saarland mostra che, contrariamente a quanto generalmente si pensa, la geografia linguistica dell’Europa è modificabile ed è la società stessa che lo chiede quando serve un bisogno autentico. Francia e Germania, con molte poche chiacchiere e molto serio lavoro, in questi decenni hanno dato alla soppressione delle frontiere il suo giusto seguito: l’integrazione economica e sociale.
Quanto a noi italiani, come al solito, siamo lontani anni luce da tanta lungimiranza. In Friuli-Venezia Giulia, anziché dissipare risorse nell’insegnamento del friulano o nella protezione di astrusi dialetti come quello della val Resia, dovremmo introdurre l’insegnamento bilingue italiano-sloveno. Solo così cancelleremmo definitivamente le ferite della storia ancora aperte sulla nostra frontiera orientale. Solo così potremmo correggere gli squilibri di un territorio che si è sviluppato in modo incoerente, dove i porti e gli aeroporti si fanno concorrenza anziché armonizzarsi, dove le ferrovie sono ancora quelle asburgiche e l’economia transfrontaliera quasi inesistente. Lo stesso vale per le province occidentali del Piemonte e quelle settentrionali della Lombardia dove l’insegnamento di francese e tedesco aprirebbe nuove prospettive di crescita economica e darebbe un senso alle tanto denigrate reti transeuropee.
A queste tematiche dovrebbe pensare la Lega Nord se davvero vuole perseguire gli interessi del suo territorio. Ma mentre nel Saarland senza tanto clamore si costruisce il paesaggio della nuova Europa da noi invece imperversa il baccano delle insensate discussioni di chi vuole uscire dall’euro.
Diego Marani