E’ l’allarme lanciato da Friends of the Earth Europe, che ha pubblicato uno studio sui costi ambientali e sociali della produzione intensiva: “Stiamo torturando gli animali, danneggiando l’ambiente e divorando enormi quantità di materie prime”
Mangiare troppa carne, i medici lo dicono da sempre, non fa bene alla salute. Non soltanto alla nostra: la produzione intensiva di carne sta avendo un impatto devastante anche sul nostro pianeta. È quanto emerge dai dati contenuti nell’Atlante internazionale della carne, pubblicato oggi da Friends of the Earth Europe e dalla fondazione Heinrich Boll. Lo studio analizza gli effetti del consumo eccessivo e della produzione intensiva di carne sull’ambiente e sulla società e mette in evidenza non poche criticità.
Per prima cosa, spiega Friends of the Earth, il nostro sistema di produzione industriale è insostenibile perché basato su risorse di terreno e di acqua limitate. A livello mondiale l’agricoltura consuma il 70% dell’acqua dolce disponibile, un terzo della quale viene utilizzata per l’allevamento. Sempre per questo settore assorbe anche gran parte dei terreni e dei raccolti disponibili: oltre il 40% della produzione annua di grano, segale, avena e mais viene utilizzato per l’alimentazione animale con un terzo dei 14 miliardi di ettari di terra coltivati nel mondo utilizzati per farli crescere.
Facendo un po’ di calcoli, secondo l’associazione, produrre un chilo di carne richiede 15 mila 500 litri d’acqua, la stessa quantità necessaria per produrre 12 chili di grano o 118 chili di carote. Per fare un hamburger servono più di 3,5 metri quadrati di terreno.
“La produzione intensiva di carne non solo sta torturando gli animali. Distrugge l’ambiente e divora enormi quantità di materie prime che importiamo dal Sud del mondo per il loro nutrimento” denuncia Barbara Unmüßig, presidente della fondazione Heinrich Boell. “La dieta non è più soltanto un fatto privato. Ogni volta che mangiamo stiamo facendo una scelta politica con un impatto sulla vita delle persone nel mondo, sull’ambiente, la biodiversità e il clima” sottolinea Adrian Bebb di Friends of the Earth.
Ma non c’è solo il problema della scarsità di risorse: i costi di un tale regime di consumo di carne sono anche economici. Ad esempio il costo stimato per combattere l’inquinamento da idrogeno, proveniente principalmente dall’allevamento di bestiame, è di 320 miliardi solo in Europa. In Cina si arriva a 3 miliardi di euro l’anno. La diffusione dell’allevamento su larga scala, poi, sta distruggendo i piccoli allevatori. Tra il 1985 e il 2005, ne sono scomparsi 70 milioni.
Difficile anche garantire la qualità di carne prodotta in modo intensivo. L’uso di antibiotici e ormoni nell’alimentazione del bestiame è sempre più massiccio. Senza contare quello che succederà con l’accordo di libero scambio tra Stati Uniti ed Europa: il rischio, avverte Friends of the Earth, è che gli standard di sicurezza vengano ulteriormente compromessi, vista la volontà degli Usa di indebolire le restrizioni europee sugli organismi geneticamente modificati e di non sottostare alle regole europee sull’etichettatura.
Quella attuale non è però una situazione irreversibile. Friends of the Earth invita i legislatori a riformare il settore dell’allevamento. La comunicazione sull’alimentazione sostenibile che la Commissione europea dovrebbe pubblicare in primavera, chiedono, dovrebbe affrontare il problema alimentare, sottolineando il diritto fondamentale ad una dieta nutriente basata sui prodotti di stagione locali, coltivati in modo sostenibile, che includa un minore apporto giornaliero di carne di buona qualità.
Per saperne di più:
– Leggi il report di Friends of the Earth